08-11 DDL VALENTE

08-11 DDL VALENTE
8 Novembre 2021 Francesco Ciano
DDL VALENTE

DDL VALENTE PER LA SICUREZZA DEI MINORI IN AFFIDO: NO AL PADRE VIOLENTO

Il 28 ottobre, è stato presentato in Senato il DDL Valente con cui si chiede l’immediata sospensione da parte del giudice del diritto di visita e dell’affido dei figli minori al padre violento.

La senatrice dem Valeria Valente, presidente della Commissione di inchiesta sul femminicidio è la prima firmataria del disegno di legge presentato in una conferenza stampa nella Sala Nassirya del Senato per la sicurezza dei minori in affido. L’iniziativa è in ricordo del piccolo Federico Bakarat ucciso nel 2009 all’età di 9 anni dal padre durante un incontro protetto in una Asl milanese. Hanno partecipato alla conferenza Antonella Penati (mamma di Federico e presidente dell’associazione “Federico nel cuore”), l’avvocato Federico Sinicato e l’avvocata Giulia Potenza, responsabile nazionale Unione donne italiane (Udi).

Il ddl dispone che, nei casi di violenza, il giudice (anche d’ufficio) disponga l’immediata sospensione del diritto di visita del genitore violento e, dopo l’immediato coordinamento con le altre autorità giudiziarie anche inquirenti, assuma misure di protezione disponendo l’affidamento temporaneo all’altro genitore (la donna vittima di violenza domestica e di genere che ha denunciato il suo aguzzino) o, in alternativa, ai parenti entro il 4° grado per evitare di affidarli ad un ente. In ogni caso, se i bambini vengono tolti alla mamma, i soggetti terzi devono assumere la responsabilità della loro sicurezza.

Il disegno di legge (che si inserisce in una serie di provvedimenti come le modifiche al c.c. sui prelievi forzosi dei minori) chiede una modifica del Codice civile per introdurre con l’art. 317-ter i principi della Convenzione di Istanbul nei casi di violenza domestica e di genere. Con il ddl sulla tutela dei minori in affidoponiamo al centro un altro pezzo dell’attuazione della Convenzione di Istanbul” ha sottolineato la senatrice.

I bambini tolti alla loro madre in una causa per violenza domestica e di genere vanno tutelati innanzitutto nel diritto alla vita. Gli incontri con il padre vanno sospesi, almeno finché il soggetto violento non avrà seguito corsi per uomini maltrattanti dimostrando la sua affidabilità e di essersi ravveduto.

Condividiamo in pieno.

 

DDL VALENTE IN RICORDO DEL PICCOLO FEDERICO BAKARAT

Un padre violento può essere un buon padre? Noi pensiamo di no” ha dichiarato Valeria Valente che, con il ddl per la sicurezza dei minori in affido, intende rendere giustizia al piccolo Federico. Nessuno è stato riconosciuto responsabile del suo omicidio.

Dedico questo ddl, che vede la luce dopo infinite battaglie, a mio figlio e a tutti i bimbi che potranno beneficiarne. Spero che tutte le forze politiche approvino rapidamente questo disegno di legge perché troppi bambini subiscono violenze inenarrabili. Sono in pericolo, lasciati in balia degli eventi, portati via in modo forzoso dalle loro mamme in enti terzi dove magari subiscono abusi o sono costretti a vedere il padre maltrattante” ha dichiarato la mamma di Federico, Antonella Penati.

L’obiettivo del DDL Valente è fin troppo chiaro: bisogna assolutamente evitare il ripetersi di delitti efferati come quello di Federico Barakat, ucciso nel 2009 a 9 anni con 37 coltellate dal padre (poi suicida) durante un incontro che avrebbe dovuto essere protetto nella Asl di San Donato Milanese. Sono trascorsi oltre 12 anni dal suo assassinio e ancora non ci sono responsabili per una morte annunciata da un padre violento con vessazioni, minacce e violenze. La mamma di Federico attende ancora giustizia chiedendo che vengano individuate le responsabilità che portarono alla morte violenta di suo figlio.

L’avvocato Sinicato ha ricostruito l’intera vicenda, una storia assurda.

 

ANTONELLA PENATI CHIEDE GIUSTIZIA PER SUO FIGLIO FEDERICO

A partire dalla separazione dal marito Mohamed Barakat nel 2005, Antonella Penati presentò 17 denunce per maltrattamenti e minacce. Non solo non fu creduta ma una Ctu la giudicò “madre iperprotettiva”. Il piccolo Federico fu costretto ad incontrare il padre violento nonostante ne fosse terrorizzato finché non venne ucciso per mano dello stesso padre con 37 coltellate il 25 febbraio 2009.

Lo Stato italiano ha assolto in primo grado e in Cassazione gli assistenti sociali e l’educatore di quella Asl. In appello, venne riconosciuta una responsabilità parziale.

La giustificazione della Suprema Corte è la seguente: non si può individuare nessuna responsabilità in capo agli imputati in quanto il decreto del Tribunale dei Minorenni affidava il bambino al servizio sociale per scopi educativi, non per tutelare l’incolumità psicofisica del minore. Deve esserci una norma scritta che sancisca una posizione di garanzia in capo all’ente affidatario del minore?

Le assurdità non finiscono qui.

Nel 2015, Antonella Penati ha fatto ricorso alla Corte Europea dei diritti umani (Cedu) affermando che suo figlio non è stato protetto per violazione del diritto alla vita (art. 2 della Convenzione europea dei diritti umani) e mancata adozione di misure preventive e di protezione di un bambino durante l’incontro con il padre violento. Lo scorso 11 maggio, la Cedu ha confermato che lo Stato italiano non ha alcuna responsabilità, che bisogna sollevare l’opinione e la coscienza pubblica su un caso del genere.

La domanda sorge spontanea: se uno Stato non ha l’obbligo di tutelare i bambini chi li deve proteggere? E, peggio ancora, uno Stato che ignora gli appelli della madre e la pericolosità del padre decidendo di organizzare quegli incontri come può, dopo un omicidio, pretendere di non aver commesso errori?

Antonella Penati prosegue la sua battaglia: ha deciso di appellarsi alla Grande Camera di Strasburgo chiedendo la riapertura del fascicolo sulla morte di Federico. Le possibilità che la sua richiesta venga accolta sono scarse (ha avuto esito positivo soltanto il 5% dei ricorsi, finora) ma lei va avanti per la sua strada e vuole giustizia. Si augura che la Grande Camera riesamini l’intera vicenda e stabilisca la responsabilità degli Stati nel valutare il rischio di subire nuova violenza per bambini e donne.

Antonella Penati è sostenuta dall’associazione nazionale DiRe – Donne in rete contro la violenza, dall’Udi, dalla Cgil, Cisl e Uil.

 

“NO AL PRINCIPIO DI BIGENITORIALITÀ DI FRONTE ALLA VIOLENZA”

Non si può anteporre il principio assoluto di bigenitorialità alla vita di un bambino che può essere messa in pericolo da un padre violento. Lo dichiara Valeria Valente da sempre; l’ha ribadito a margine del “Rapporto su violenza e sistema giudiziario” presentato a metà luglio al Senato.

Da questo Rapporto sono emerse le criticità riscontrate nel settore civile. L’indagine approfondita effettuata dalla Commissione d’inchiesta sul femminicidio nelle Procure e nei Tribunali di tutta Italia ha messo in luce che 9 Procure su 10 trascurano il fenomeno della violenza di genere. Un fenomeno che risulta essere, ad oggi, ‘invisibile’ per i tribunali civili: tuttora, in ambito giudiziario la violenza non viene riconosciuta. Nei processi civili, i maltrattamenti si riducono a conflitti familiari.  I processi penali contro gli uomini violenti e le cause civili per separazione non sono collegati tra loro.

La questione ‘alienazione’ e la sottrazione alle madri dei loro figli minori sono quasi sempre legate ad una mancata specializzazione e formazione dei magistrati e degli operatori di giustizia che non sono in grado di ‘leggere’ la violenza nei processi di separazione.

Se non si riesce a riconoscere la violenza “viene disattesa la Convenzione di Istanbul” e non si applicano le norme della Convenzione che prevedono la messa in sicurezza dei minori dal padre violento – ha concluso Valente.

Resta sospesa ad un filo la domanda: “Chi dovrebbe riconoscere la violenza se non la Giustizia?”.

 

LA BATTAGLIA DI VALERIA VALENTE NON SI FERMA

Seguiamo da vicino la battaglia portata avanti dalla senatrice Valeria Valente che è la stessa battaglia di tutte le donne vittime di violenza domestica che denunciano il loro aguzzino anche per tutelare i propri figli. L’omicidio del piccolo Federico, purtroppo, non è un caso raro.

Il numero di bambini uccisi in ambito di separazione, divorzio o violenza domestica, nell’ultimo ventennio, supera quota 500. Più di 500 bambini ammazzati da padri violenti (uno ogni 10 giorni). BASTA.

I tempi lunghi della Giustizia li conosciamo tutti, i padri violenti devono essere fermati in tempo, le donne vittime di violenza devono essere credute e tutelate. La vita dei minori deve essere considerata prioritaria rispetto al principio della bigenitorialità. I bambini che rifiutano di vedere il padre devono essere ascoltati prima che sia troppo tardi.

Francesco CIANO

FRANCESCO CIANO

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