
ZOOMBOMBING: L’ODIO IN RETE CONTRO LE DONNE
L’attacco hacker sessista durante il Convegno del 14 dicembre organizzato in webinair su Zoom dall’Università di Padova e dall’Ordine degli Avvocati non è piaciuto a nessuno, tanto meno a noi. Il tema sulle “diverse forme di violenza contro le donne” non è un argomento da salotto, è un’emergenza sociale che non dà segni di miglioramento, anzi peggiora. Tra notizie di femminicidi, di padri che uccidono i figli per vendicarsi sulle madri, violenza domestica in aumento in tempi di lockdown, c’è chi ha tempo da perdere per boicottare. Il 14 dicembre l’attacco di Zoombombing (il nuovo fenomeno di violenza virtuale di cui si parla dal mese di aprile) ha dimostrato, una volta di più, che le menti violente, sessiste, irriverenti e senza un briciolo di sensibilità si riconoscono dalla volgarità, dalla bassezza di linguaggio e di comportamento. Questi hacker, che non hanno di meglio da fare nella vita, lo confermano.
Il Convegno del 14 dicembre è stato attaccato dagli haters (‘odiatori’) con insulti, parolacce scagliate sulle donne, frasi sessiste, schermate di siti pornografici.
Tutto è iniziato durante l’intervento della senatrice Valeria Valente, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio…
ZOOMBOMBING AL CONVEGNO ORGANIZZATO DALL’UNIVERSITÀ DI PADOVA
Tutto è iniziato con un disturbo audio. All’inizio, si pensava ad un microfono lasciato acceso.
Uno schermo è stato condiviso ed è apparso un foglio bianco che riportava una bestemmia a caratteri cubitali accompagnata da una svastica.
Da diversi account hanno cominciato a piovere insulti, parolacce, bestemmie. Poi, sullo schermo, è comparsa la pagina web di un sito pornografico.
L’attacco è durato un paio di minuti: i ‘disturbatori’ sono stati neutralizzati e costretti ad abbandonare la riunione.
Gli organizzatori, da una parte, non hanno voluto dare peso né eccessiva visibilità agli haters, dall’altra, potrebbero anche decidere di sporgere denuncia per reato informatico.
Il Convegno con oltre 70 partecipanti, turbato dall’odio in rete, è proseguito. Tra i presenti, c’erano anche il presidente dell’Ordine degli avvocati Leonardo Arnau, e il magistrato Giorgio Falcone.
E’ stato proprio il magistrato Giorgio Falcone ad annunciare i dati risultanti dagli interventi eseguiti con la procedura del Codice Rosso .
Tra il 1° agosto 2019 e il 31 luglio 2020, ecco quali sono stati i procedimenti effettuati:
– 1.083 per diffusione illecita di immagini e video di natura sessualmente esplicita;
– 2.735 per violazione del provvedimento di allontanamento o di incontro;
– 32 per induzione al matrimonio;
– 82 per deformazione dell’aspetto con lesioni fisiche permanenti.
I dati si commentano da soli. Sono tanti, troppi i casi di violenza contro le donne e questi numeri non rappresentano la reale situazione delle donne vittime di violenza in Italia. Tante vittime, tuttora, non trovano il coraggio di denunciare.
ALTRI CASI PRECEDENTI DI ZOOMBOMBING CON ATTACCHI SESSISTI
Prima del 14 dicembre, si erano verificati altri attacchi di Zoombombing contro le donne.
Un’incursione hacker ha preso di mira il 25 novembre il Convegno webinair “La rete contro la violenza sulle donne” organizzato da Pari opportunità in rete con i Comuni di Carbonera, Silea e San Biagio di Callalta. Un attacco definito un “gesto ignobile”, odioso e vigliacco da Massimiliano Paglini, segretario di Cisl Belluno Treviso. “un attacco odioso e vigliacco…”. Dimostra la forte necessità di sensibilizzare ancora di più sul dramma della violenza contro le donne fisica, psicologica o economica.
Il convegno in webinair è stato attaccato da hacker che, impossessandosi della piattaforma web, hanno inneggiato al fascismo, proiettato immagini di violenza, insultato i partecipanti (tra cui, Telefono Rosa, Centro Antiviolenza Treviso e cooperativa LaEsse).
Alcuni giorni dopo, il 4 dicembre, è toccato ad un seminario online all’Università del Salento dedicato alla “questione dei rifugiati palestinesi nel diritto internazionale”. La relatrice Francesca Albanese è stata coperta di imprecazioni ed insulti sessisti. Una vera e propria irruzione da parte di persone non identificate e non invitate che ha impedito lo svolgimento del seminario online organizzato dal Dipartimento di Scienze Giuridiche.
Il rettore Fabio Pollice ha commentato così l’accaduto. “Massimo impegno contro l’odio in rete”.
PERDIGIORNO O GRUPPI DI DISTURBO ORGANIZZATI?
Gli hacker autori di Zoombombing sono semplici perdigiorno? O, piuttosto, gruppi di disturbo organizzati?
Che si tratti di studenti annoiati costretti a stare in casa o di gruppi di adulti organizzati (spesso, di estrema destra) lo scopo è infastidire, turbare fino ad interrompere la conferenza.
Questi haters vanno a caccia di eventi aperti al pubblico. Aggirano facili barriere all’ingresso registrandosi con e-mail fasulle e nomi falsi con un solo obiettivo: impedire lo svolgimento del convegno, del seminario, dell’evento, boicottarlo o rallentarlo.
Gli ‘odiatori’ si infiltrano in convegni, incontri e seminari organizzati su piattaforme digitali. Webinair come quelli organizzati su Zoom, ma anche su Microsoft Teams, Google Meet: il link circola e gli hacker lo prendono di mira.
Diritti, politica, femminismo, donne: sono questi i temi più bersagliati.
Mettono in atto pesanti azioni di disturbo, urlano, insultano, esibiscono i genitali davanti ad una webcam, proiettano immagini di siti pornografici. Non si riesce subito a silenziare questi attacchi, il clima si guasta irrimediabilmente, spesso l’intervento dei moderatori risulta vano e l’unica cosa da fare è chiudere l’incontro per, poi, riaprirlo con un altro link selezionando le persone autorizzate a partecipare.
Il loro scopo è ridurre lo spazio e la visibilità di questi incontri, la libertà e la possibilità di attirare un pubblico casuale che possa assistere all’incontro e interagire.
Una donna vittima di violenza sessuale vivrebbe come qualcosa di traumatico l’eventualità di improvvisi attacchi hacker con insulti, parolacce, esibizione dei genitali. Per non rischiare attacchi hacker del genere, preferirebbe non partecipare affatto a questi incontri utili per le vittime di violenza.