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LA POLONIA ESCE DALLA CONVENZIONE DI ISTANBUL CONTRO I DIRITTI DELLE DONNE
Dopo aver aderito nel 2015 all’accordo firmato da tutti i Paesi del Consiglio d’Europa, la Polonia esce dalla Convenzione di Istanbul. La decisione è stata annunciata dal ministro della Giustizia Zbigniew Ziobro, leader dell’ala dura del PiS (Diritto e Giustizia, il partito sovranista di maggioranza) ritenuto un falco.
L’esecutivo di Varsavia ha avviato la procedura per l’uscita lunedì 26 luglio.
Nel 2015, la Convenzione era stata firmata dai liberal-conservatori europeisti di Platforma Obywatelska al potere. Oggi, tutto cambia e l’accordo viene rinnegato: a dettare legge è il governo sovranista-nazionalclericale del nuovo presidente Andrzej Duda.
Dunque, Varsavia si dissocia dalla Convenzione internazionale per la prevenzione e lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica.
Zbigniew Ziobro e lo stesso Andrzej Duda spiegano le motivazioni di questa decisione. Motivazioni pericolose, che dietro il pretesto dello spauracchio ‘gender’ mettono in atto un grave attacco alla Convenzione di Istanbul come del resto altri Paesi membri UE: Ungheria (governo Orban), Bulgaria e Slovacchia.
La Convenzione di Istanbul scatena polemiche e divisioni in diversi Paesi dell’Europa orientale, con gli europeisti che si dichiarano a favore e i leader nazionalisti contrari.
LA POLONIA ESCE DALLA CONVENZIONE DI ISTANBUL: PERCHÉ?
La decisione di Varsavia rappresenta l’ennesima stretta contro la gender equality messa in atto dal governo sovranista polacco.
Il ministro della Giustizia, Zbigniew Ziobro giustifica così la decisione: l’accordo siglato nel 2015 “è ispirato dall’ideologia di genere e dalla lobby Lgbtq“. Definisce la Convenzione “frutto di fantasie e invenzioni femministe decise a giustificare l’ideologia gay”.
In più, “introduce il concetto di sesso sociale, opposto al sesso naturale, biologico“. Il ministro ha dichiarato che non è necessario restare nella Convenzione: anche uscendone “la Polonia dispone di leggi che proteggono adeguatamente le donne dalla violenza”. Ad esempio, leggi recenti prevedono l’immediata espulsione dal nucleo familiare dell’autore di violenze domestiche.
Il riconfermato capo dello Stato Andrzej Duda considera la Convenzione di Istanbul “estranea alla nostra cultura nazionale e alle nostre tradizioni“. Duda ha definito la promozione dei diritti LGBT come una “ideologia” più distruttiva del comunismo.
Il viceministro Jacek Ozdoba, esponente del PiS, ha comunicato che il governo introdurrà nuove misure “per proteggere i bambini dalle costruzioni ideologiche sul cosiddetto gender socio-culturale, che riteniamo totalmente avulse dalla realtà biologica“.
In poche parole, secondo il governo polacco il concetto di ‘genere’ nega la differenza di sesso tra uomini e donne e la Convenzione viola i “diritti dei genitori” chiedendo alle scuole di insegnare ai bambini che il sesso è una scelta, non una realtà biologica.
Il partito PiS definisce la Convenzione irrispettosa nei confronti della religione e dannosa.
ROMANOWSKI: “LA CONVENZIONE INDICA LA RELIGIONE COME CAUSA DELLA VIOLENZA SULLE DONNE”
La scorsa settimana, il vice ministro della Giustizia, Marcin Romanowski, ha dichiarato che la Polonia dovrebbe abbandonare il Trattato al più presto. Ha definito la Convenzione di Istanbul “un tentativo dei neo-marxisti e dei sostenitori dell’ideologia di genere” di imporre le loro idee ai polacchi.
Romanowski ha dichiarato anche di peggio: la Convenzione “indica la religione come causa della violenza contro le donne” e rappresenta “la base per un potente cambiamento culturale, comportamentale e legale nelle società europee”.
Secondo questo folle, la Convenzione di Istanbul si fonda sul falso presupposto che la violenza contro le donne sia condizionata socialmente e culturalmente, prova di un rapporto di forza diseguale tra uomini e donne, maturato nei secoli, che avrebbe spinto gli uomini a dominare le donne portando alla discriminazione di genere. Se lo definisce un falso presupposto, nega l’evidenza, ciò che esiste da secoli.
Romanowski insiste esprimendo il timore che “il modello della famiglia tradizionale con la donna nel ruolo di moglie e madre, mentre l’uomo svolge quello di marito e padre, possa essere ritenuto stereotipato e quindi considerato una delle forme di oppressione della donna”.
Il ministro si dichiara preoccupato per “un eventuale dramma delle famiglie” dovuto ad una spinta al cambiamento, ad una ridefinizione dell’idea di famiglia, al libero aborto, all’approccio ideologico alla questione del genere, alla valutazione della donna secondo il suo ruolo nella società o la fede, alla promozione attiva di coppie gay, all’imposizione di cambiamenti nel programma scolastico che violerebbero i diritti dei genitori. Teme che la giovane generazione polacca possa considerare il sesso biologico un arcaismo, qualcosa di superato, a fronte del sesso socio-culturale.
Oggi, in Polonia, l’aborto ed il riconoscimento dei diritti civili a persone dello stesso sesso sono tabù. Non c’è spazio per la fecondazione in vitro.
Tra tante amenità dichiarate da Romanowski, echeggia nella nostra mente questa: si dichiara preoccupato per un eventuale dramma delle famiglie dovuto alla valutazione della donna secondo il suo ruolo nella società.
In quale epoca storica collochereste questo ministro?
LE PROTESTE DELLE ORGANIZZAZIONI FEMMINISTE IN POLONIA
Ziobro assicura che la legge polacca in vigore tutela “in modo esemplare” i diritti delle donne rispondendo a tutte le esigenze imposte dalla Convenzione di Istanbul. La pensano così anche le donne polacche?
Non proprio, visto che il 24 luglio in oltre 20 città polacche sono scese in piazza migliaia di persone per protestare contro la decisione del governo di uscire dalla Convenzione.
Una decisione che era nell’aria: le organizzazioni femminili e femministe polacche e i gruppi Lgbtq protestano da giorni contro la stretta. I gay polacchi sono discriminati ed esclusi da alcuni servizi pubblici.
Il punto è che la questione non riguarda prettamente femministe o gay ma donne. Le donne polacche sono convinte che la decisione dell’esecutivo inciderà negativamente sulla loro sicurezza soprattutto in famiglia.
Già pochi mesi fa, in piena emergenza epidemiologica da Covid-19, il partito conservatore al potere (PiS) aveva presentato due disegni di legge per rendere illegale l’aborto e bandire l’educazione sessuale a scuola. Due riforme che, al momento, sono state bloccate proprio grazie alle proteste in tutto il Paese. Ricordiamo, comunque, che la Polonia ha introdotto una legge sull’aborto tra le più restrittive d’Europa. L’interruzione della gravidanza viene concessa solo per stupro, incesto e salute del feto o della madre.
L’attivista femminista Magdalena Lempart, una delle organizzatrici della protesta, ha dichiarato che l’obiettivo del governo è «legalizzare la violenza domestica”.
Durante il corteo, alcune donne hanno mostrato striscioni con su scritto “Il PiS è l’inferno delle donne”.
Un inferno patriarcale e retrogrado che non dà voce alle donne, al ‘genere’.
RISTABILIRE L’ORDINE NATURALE: ISTRUZIONI PER L’USO
Sesso socio-culturale opposto a quello biologico. Concetti ideologici non condivisi.
In Polonia, si torna indietro di 70 anni almeno con una motivazione pericolosa e insidiosa che porta all’uscita dalla Convenzione di Istanbul.
La Polonia ed altri Paesi sovranisti portano avanti una politica riassunta nel documento: “Ristabilire l’Ordine Naturale. Un’agenda per l’Europa“.
Riportiamo un paio di stralci di questo documento:
“C’è una legge naturale che la ragione umana può discernere e comprendere, ma che volontà umana non può alterare”.
“Il compito e lo scopo di tutta la legislazione positiva è di recepire e applicare la Legge Naturale”.
Parole di grande effetto con cui si affermano concetti di ostilità al genere e si nasconde il vero obiettivo: mantenere il controllo sulle donne e sulla loro autodeterminazione.
Strumentalizzare il concetto di sesso biologico in opposizione a quello di genere è l’arma migliore per abbattere i diritti delle donne a favore di una società patriarcale.
La decisione del governo polacco viola, di fatto, i diritti umani e civili.
NUMERI SUL FEMMINICIDIO IN EUROPA: I DATI CHE MANCANO
La Convenzione di Istanbul è il quadro giuridico più completo che esista al mondo per prevenire e combattere la violenza contro donne e ragazze. Copre la violenza domestica, stupro, violenza sessuale, mutilazioni dei genitali femminili, matrimonio forzato e la cosiddetta violenza basata sull’onore.
Chiunque si dichiari nemico di questa Convenzione è anche nemico dichiarato delle donne. Nel mirino del governo polacco che ha deciso di uscire dalla Convenzione c’è il concetto di genere. E’ chiaro: il governo ha apertamente dichiarato l’avversione per la ‘teoria gender’ nelle scuole ed a 360 gradi.
Tra i numeri sul femminicidio in Europa riferiti al 2017, mancano dei dati.
Gli indicatori messi a disposizione da Eurostat e rielaborati da EIGE (l’Istituto dell’Unione europea per la parità di genere con sede in Lituania) riguardano soltanto 20 Paesi.
Sono 13 i Paesi membri dell’UE per i quali non sono accessibili dati statistici sui casi di femminicidio. Esistono forti discrepanze nelle modalità di raccolta dei dati: secondo un rapporto pubblicato da EIGE gli organi di polizia in Danimarca, Grecia, Lussemburgo, Lituania, Malta e Polonia non raccolgono informazioni per categorizzare come femminicidio un caso di omicidio intenzionale.
La Polonia, che secondo Ziobro tutela “in modo esemplare” i diritti delle donne, non raccoglie dati sul femminicidio, figuriamoci sulla violenza domestica e di genere.
Ziobro ha sottolineato che “basta leggere le Sacre Scritture per sapere che non si picchia una donna, non occorre aderire ad alcuna convenzione mossa da ideologie distorte“.
Probabilmente, stalker, uomini violenti ed autori di femminicidi non leggono né le Sacre Scritture né le leggi umane.
Sfidiamo Ziobro a far leggere il codice penale ad un criminale per riportarlo sulla retta via senza mettere in campo tutele per le vittime e pene severe per chi commette reati.
Tra ‘leggere’ e ‘legge’ c’è di mezzo il mare della correzione penale.
Il sesso biologico non deve essere il pretesto per autorizzare uomini violenti e dominatori a schiacciare le donne sotto il peso del patriarcato.