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CATCALLING: PERCHÉ LA MOLESTIA VERBALE NON È DA SOTTOVALUTARE
Qualche giorno fa, una ragazzina di 15 anni ha subito molestie verbali (catcalling) a Torino. Stava tornando a casa verso le 23,15 quando 4 ragazzi di 25 anni hanno iniziato a seguirla. La prontezza della 15enne l’ha salvata sicuramente da un’aggressione sessuale ma non dallo shock. Il padre della ragazza ha appeso dei volantini in giro per il quartiere: il testo fa capire chiaramente che l’uomo è in grado di riconoscere almeno uno dei 4 aggressori per via di un tatuaggio sotto l’occhio. Il padre spera che qualcuno possa aiutarlo a rintracciarli e conclude il volantino scrivendo: “Vi sto cercando“.
Secondo gli ultimi dati dell’ISTAT, circa 9 milioni di donne in Italia hanno subito, almeno una volta nella vita, una forma di molestia. Gran parte dei molestatori sono estranei e la molestia avviene in luoghi pubblici. Si comincia con la molestia verbale e si può finire con la violenza sessuale.
In Italia, a differenza della Francia, non esiste il reato di catcalling (o street harassment).
Perciò, è stata lanciata una petizione su Change.org con raccolta firme allo scopo di chiedere al Parlamento di approvare una legge che punisca questo tipo di comportamenti.
Un capriccio? No. Oltre al rischio che la molestia verbale si trasformi in stalking, pedinamento o violenza sessuale, le molestie possono comportare nella vittima conseguenze gravi (panico, crisi d’ansia, depressione, isolamento sociale).
Cos’è il catcalling? E’ giusto introdurre un reato specifico? Cosa si muove in Italia?
COS’È IL CATCALLING
Il termine ‘catcalling’ si ispira al verso che si fa per richiamare l’attenzione di un gattino. Nella realtà, per le strade, si tratta di un gesto tutt’altro che tenero.
Il termine trasposto in una situazione di molestia da strada, viene tradotto in fischio o urlo dal Cambridge Dictionary che lo definisce così: “un forte urlo o fischio per attirare l’attenzione di una persona“.
Il catcalling è una forma di molestia verbale aggressiva fatta di commenti volgari, fischi, effusioni fisiche non richieste e non gradite. Apprezzamenti volgari, fischi ed effusioni che gli uomini rivolgono alle donne per la strada. Comportamenti subiti da donne di ogni età ed estrazione sociale. Non solo: spesso, si colpevolizza la vittima (“ma come eri vestita?”) e si sminuisce questa forma di violenza.
L’atteggiamento del laissez faire riduce il catcalling a semplici apprezzamenti. Gli uomini, mentre pensano che le donne non sappiano apprezzare i complimenti, ignorano completamente l’impatto emotivo subito dalle vittime. Come sempre, il consenso della donna è l’ultimo dei problemi. Ma il problema resta, soprattutto la paura provata dalla donna che, ignorando le molestie verbali, teme di dover pagare gravi ritorsioni.
Un’indagine condotta a livello globale dice di più e lascia emergere di peggio.
LO STUDIO DI “HOLLABACK!” SUL FENOMENO CATCALLING
L’indagine condotta dal gruppo statunitense anti violenze “Hollaback!“ in tandem con la Cornell University sui cambiamenti di comportamento e l’impatto emotivo subito dalle vittime di catcalling ne rivela le conseguenze.
Da questo studio, che ha coinvolto ben 22 Paesi nel mondo, emerge che l’84% delle donne intervistate (16.600) ha subito molestie stradali prima dei 17 anni.
In Italia l’88% delle donne dichiara di aver subito episodi di violenza verbale. Non accade solo a New York ma a Roma, Milano, Londra, Parigi, Berlino, ovunque.
Le conseguenze del catcalling sono comuni a tutte: depressione, rabbia, umiliazione, disgusto, bassa autostima. Permane un forte senso di paura, molte cambiano stile di abbigliamento e di vita, smettono di socializzare con le persone, tornano a casa entro un determinato orario.
Una ragazza giovane o giovanissima si sente minacciata, impotente, in pericolo, inerme come un oggetto, si sente in colpa.
TRA DISAGIO E IMPOTENZA: GESSETTI PER RACCONTARE STORIE
Non essendo reato in gran parte dei Paesi nel mondo, il catcalling è difficile da arginare e da contrastare. Per le vittime è difficile anche raccontare le proprie esperienze: considerano inutile rivolgersi alle Forze dell’Ordine. In Italia, il generico reato di molestie è punibile con un’ammenda ma raramente una donna o ragazza denuncia i commenti sessisti tipici del catcalling.
L’attivismo cerca di colmare le lacune legislative.
Nel 2018, a Milano è stata creata la prima pagina su Instagram di “Catcall of Mi”, versione italiana del movimento “Catcalls of Nyc” creato da Sophie Sandberg. Sophie è una studentessa di New York che raccoglie sulla sua pagina Instagram testimonianze anonime di ragazze vittime di catcalling. Dopo averle raccolte, le trascrive sull’asfalto usando gessetti colorati nelle vie in cui sono state pronunciate quelle frasi. Frasi raccolte con l’hashtag #StopStreetHarassment.
Anche il gruppo su Instagram “Cat Calls Of Bolzano” usa questo sistema e lo fa a nome di donne e uomini vittime di catcalling. Raccoglie storie, le pubblica assicurando l’anonimato e scrive le esperienze vissute con gessetti cancellabili sulle strade di Bolzano per sensibilizzare la comunità su questo fenomeno. “E’ un problema di educazione che si riceve fin da bambini” secondo i ragazzi di Bolzano.
MOLESTIA VERBALE: IN FRANCIA È REATO
Dal 2018, in Francia esiste il reato di catcalling. Su proposta della ministra per le Pari Opportunità Marlène Schiappa, è stata approvata una legge contro le molestie stradali per limitare, contrastare e prevenire comportamenti sessisti e sessuali che ledono la dignità della donna/persona, responsabili di situazioni intimidatorie, ostili ed offensive.
Nell’arco di 2 anni, sono stati sanzionati 700 episodi di molestie e violenze da strada. Poche rispetto a quelle reali in quanto la legge ha questo limite: la vittima può denunciare soltanto se la molestia avviene in presenza delle Forze dell’Ordine, tenute ad intervenire immediatamente sul posto.
La legge prevede multe che vanno da 90 a 1500 euro.
#BREAKTHESILENCE: IL PROGETTO DI 4 RAGAZZE TORINESI
#Break The Silence (rompi il silenzio) è un progetto nato a Torino da quattro ragazze. Mariachiara Cataldo, Francesca Penotti, Francesca Sapey e Giulia Chinigò hanno aperto una pagina Instagram dove raccolgono testimonianze anonime di vittime di violenza d’ogni sorta.
Tutto è nato dopo che, un venerdì sera, Mariachiara e le sue amiche sono state insultate da un gruppo di ragazzi con offese sessualmente esplicite. Offese che lasciano il segno. Mariachiara ha iniziato a sfogarsi sui social. In breve tempo, ha ricevuto tante risposte e testimonianze da numerose ragazze che si sono trovate nella sua stessa situazione. I casi di catcalling sono i più frequenti: passano inosservati e vengono sminuiti il più delle volte.
L’obiettivo è combattere l’indifferenza, sensibilizzare, far crollare il muro del silenzio di fronte ad atteggiamenti violenti sminuiti o ritenuti normali dalla società.
Il progetto Break The Silence sta crescendo tra contatti con specialisti nel campo (avvocati, sessuologi, psicologi, sociologi) e l’idea di collaborare con il Muro delle bambole ideato da Jo Squillo, “Catcalls of Turin” e CSX Firenze per gli sportelli antiviolenza universitari.
WANNABESAFE ITALIA: LANCIATA LA PETIZIONE PER INTRODURRE IL REATO DI CATCALLING
Linda Guerrini (19 anni) ed altre due amiche hanno avviato la campagna “WannaBeSafe Italia”. Si tratta di una petizione lanciata su Change.org con cui si chiede al Parlamento di introdurre il reato di catcalling.
Nel mese di luglio, in pochi giorni, sono state raccolte 6 mila firme: l’obiettivo è arrivare a 50 mila firme.
“Siamo stanche di subire apprezzamenti pesanti in strada, sui mezzi di trasporto o in luoghi pubblici” si sfoga Linda Guerrini. La situazione peggiora, succede sempre più spesso.
Si legge nella petizione:
“Il catcalling è una molestia verbale a tutti gli effetti. Si tratta di suoni di clacson, apprezzamenti squallidi, intimidazioni a sfondo sessuale e commenti sgradevoli non richiesti dalle vittime che vengono compiuti da persone per lo più sconosciute“.
Queste molestie avvengono soprattutto per strada, nei mezzi di trasporto e in luoghi pubblici ed hanno ripercussioni non indifferenti nella psicologia e nella vita quotidiana delle vittime.
“È giunta l’ora che questi soprusi vengano riconosciuti come reati veri e propri”.
“Avevo 13 anni la prima volta che ho subito il catcalling – racconta Linda – La ragazza inizia a porsi delle domande che non dovrebbe porsi: sono io il problema? Ho sbagliato qualcosa? Forse è per come mi vesto?”.
Introdurre il reato di catcalling funzionerebbe da deterrente “per tutti quegli uomini che pensano di poter fare apprezzamenti senza dover rendere conto del loro comportamento”.
In Italia, ragazze come Linda lottano per far comprendere a tutti che il catcalling non è un complimento. Non c’è nulla di piacevole e lusinghiero, di appagante o gratificante nel sopportare sconosciuti che si avvicinano, pretendono attenzioni con arroganza, minacciano. E’ segno di volgarità, prevaricazione, è violenza.
Il Catcalling non è da sottovalutare, in nessun angolo del globo.
Le vittime possono soffrire di ansia, crisi di panico, depressione.
Può succedere anche di peggio: la molestia verbale può trasformarsi in violenza sessuale e, in casi estremi, omicidio.
Nel mese di novembre 2019, a Chicago, la studentessa 19enne Ruth George è stata uccisa da uno sconosciuto, un molestatore che l’aveva seguita per strada. L’ha aggredita sessualmente e strangolata nel parcheggio di un campus universitario mentre tornava a casa. La ragazza aveva ignorato le molestie verbali non gradite. Lo stesso assassino, il 26enne Donald Thurman, ha confessato di aver agito in preda alla rabbia solo perché la ragazza si era rifiutata di parlare con lui.
La richiesta di introdurre il reato di catcalling è legittima e giustificata?
Sì.