
In questo articolo:
CORONAVIRUS E VIOLENZA SULLE DONNE: I RISCHI DELLA CONVIVENZA FORZATA
Emergenza nell’emergenza: Coronavirus e violenza sulle donne sono un pessimo connubio. La convivenza forzata rischia di far aumentare i casi di violenza domestica. Le vittime hanno più difficoltà a denunciare, devono subire la presenza costante del loro aguzzino che può giocarsi molte più occasioni abusando di questa situazione.
Il mese di marzo è iniziato male per le donne e per la violenza di genere, con un 8 marzo sottotono, una ricorrenza bloccata come tutto il resto. Gli eventi organizzati in occasione della Festa delle Donne (cortei, convegni, manifestazioni, happening) sono stati cancellati in ottemperanza alle disposizioni del governo per cercare di arginare la diffusione del Covid-19.
Ciò che non si può rimandare è pretendere in Italia la concreta attuazione della Convenzione di Istanbul. Proprio l’8 marzo è partita la nuova campagna di D.i.Re “Violenza sulle donne. In che Stato siamo?” che ha come obiettivo l’attuazione della Convenzione di Istanbul. Ogni mese, per un anno, la campagna solleciterà lo Stato italiano ad applicare pienamente la Convenzione sulla violenza contro le donne e la violenza domestica, in vigore ormai dal 2014. Richiamerà l’attenzione dell’opinione pubblica, dei media e delle istituzioni sulle principali raccomandazioni del Consiglio d’Europa riguardo a 12 aree tematiche diverse.
Tra Di.Re e fare c’è di mezzo la solita cultura retrograda e piena di pregiudizi sulle donne.
Con le nuove restrizioni del decreto #iorestoacasa i soliti noti potrebbero avere mille occasioni per fare alle donne (le loro vittime) la ‘festa’ peggiore che si possa immaginare.
D.i.Re, la rete nazionale che raccoglie 80 organizzazioni che gestiscono centri antiviolenza, non si ferma e avvisa le donne vittime di violenza: “Se avete bisogno di aiuto, chiamateci“.
CORONAVIRUS E VIOLENZA SULLE DONNE: L’IMPEGNO DI TELEFONO ROSA PIEMONTE
Prima di proseguire descrivendo la reazione di D.i.Re di fronte all’emergenza Covid-19, apriamo e chiudiamo una parentesi.
Anche Telefono Rosa Piemonte ha fatto sapere che non si ferma. La lotta contro la violenza sulle donne continua. Dai problemi non si scappa, bisogna affrontarli con intelligenza e coraggio.
In piena ‘crisi’ Coronavirus, le volontarie di Telefono Rosa Piemonte sono impegnate incessantemente per un’emergenza permanente, no-stop, che non conosce orologio.
Ha riportato un bilancio della violenza di genere inaccettabile. Quasi 800 vittime di violenza accolte nel 2019.
“Nessuna scusante è più ammessa“. E’ insopportabile leggere ancora nelle cronache degli organi di informazione riferimenti costanti a raptus, gelosie, provocazioni come fattori scatenanti della violenza maschile. L’esperienza vissuta ogni giorno dalle volontarie conferma che non è così.
Nel 2019, sono state 778 le donne accolte e prese in carico dall’associazione, altre 388 accompagnate alla rete dell’assistenza con agenzie del privato sociale e istituzionale dei servizi. Ben 4.003 le consulenze online, via web e social network, 371 minori vittime di violenza assistita e 193 oggetto di violenza diretta. Consulenze legali per 480 donne, psicologiche per 287 vittime, 90 donne hanno partecipato ai gruppi di sostegno, per 57 vittime è stata attivato il servizio della casa rifugio.
L’impegno incessante di Telefono Rosa Piemonte viene ripagato dalle tante donne che riescono a mettere la parola fine al loro incubo. A loro, alle volontarie, diciamo GRAZIE.
LA POTENTE REAZIONE DI D.I.RE
Coronavirus e violenza sulle donne. Cosa fare? La portentosa associazione D.i.Re non ci ha pensato su molto prima di decidere.
D.i.Re e i centri antiviolenza non si fermano. Le vittime di violenza devono essere aiutate anche e, soprattutto, in tempi di Coronavirus. La convivenza forzata, stare in casa h24, per chi subisce maltrattamenti e violenza domestica, è un inferno nell’inferno. La violenza in famiglia, in questi giorni, potrebbe intensificarsi e le donne potrebbero sentirsi inibite a chiamare per il maggior controllo del partner violento.
Associazioni, attiviste e cooperative impegnate nella lotta contro la violenza di genere sono preoccupate.
Antonella Veltri, presidente di D.i.Re, il 12 marzo scorso ha lanciato un appello accorato alle donne vittime di violenza: “Chiamate se avete bisogno“. Fatelo da casa, dal telefono di emergenza, via skype, in chat (per non essere scoperte dall’aguzzino).
Si rispettano le regole imposte dal Governo per l’emergenza ma molte operatrici sono nei centri e non si fermano.
Il 1522, numero nazionale dei centri antiviolenza, è attivo (#nonseisola #nudm) ma può essere davvero attivo e operativo soltanto se ci sono i centri antiviolenza.
Su 80 centri antiviolenza gestiti da D.i.Re, 60 hanno risposto, restano attivi, rispondono alle telefonate ed hanno un cellulare di emergenza.
Dalle case rifugio, in questi giorni, non si esce. Donne e minori hanno bisogno di essere seguiti dalle operatrici di accoglienza, c’è una grande pressione psicologica all’interno delle case rifugio, bisogna pensare ai dispositivi sanitari, alle distanze di sicurezza.
Il sistema, per ora, regge ma lo Stato deve assicurare la continuità dei finanziamenti come chiesto dal Grevio. Nessuno deve dimenticare, neanche in questi giorni, che le donne vittime di violenza devono essere salvate.
I centri antiviolenza italiani e le femministe Non una di meno si uniscono all’appello: “Chiedete aiuto”.
CALO DELLE DENUNCE, STALKER E UOMINI VIOLENTI CHE VIOLANO IL DECRETO #IORESTOACASA
Non solo partner violenti con cui fare i conti h24 in casa, per le vittime di violenza domestica. Non si arrestano neanche le follie compiute da stalker che, come i ladri, se ne fregano dell’obbligo di restare a casa.
Un esempio della recente cronaca arriva da Torino. Non è la prima volta che uno stalker viola il divieto di avvicinamento per continuare a perseguitare la sua vittima. Il 5 marzo, uno stalker folle, se n’è infischiato anche dell’obbligo di restare a casa previsto dal decreto per contenere la diffusione del virus. Ha raggiunto la vittima dove lavora (una tabaccheria). La donna ha chiamato il 112 per chiedere soccorso. E’ stato, alla fine, fermato ed arrestato dalla Polizia.
Se uno stalker non convivente è capace di tanto (e di peggio), figuriamoci un partner violento convivente.
La mente di un uomo violento non si può mettere in quarantena, purtroppo.
Isolamento in casa, convivenza forzata: tutto questo per le vittime rappresenta un grosso rischio. I casi di violenza ed aggressione rischiano di aumentare e di non essere gestibili abbastanza. In un contesto del genere, risulta difficile (se non impossibile) per la vittima denunciare. Difatti, a Milano, si registra un calo delle denunce per maltrattamenti in famiglia.
Una situazione del genere scoraggia le donne dal telefonare o rivolgersi alle Forze dell’Ordine.
Casa delle Donne ha confermato questo problema. La grave situazione sanitaria che viviamo in questi giorni rende il percorso antiviolenza (violenza domestica e violenza assistita, subita dai figli) molto più difficile. Inoltre le misure contro il Coronavirus hanno come effetto quello di disincentivare le donne ad andare al Pronto Soccorso sia per i casi di emergenza sia per farsi refertare eventuali ferite conseguenti alle aggressioni. “Questa rappresenta una grande difficoltà a cui dobbiamo cercare in qualche modo di far fronte”.
L’APPELLO DELLA MINISTRA ELENA BONETTI ALLA DONNE VITTIME DI VIOLENZA
Il triste connubio Coronavirus e violenza sulle donne ha spinto la ministra delle Pari Opportunità e della Famiglia Elena Bonetti ad intervenire sulla questione.
Il 21 marzo scorso, la Bonetti si è pronunciata con queste parole rivolgendosi alle donne vittime di violenza: “Chiedete aiuto. Non temete l’autocertificazione“. Ha invitato le donne a rivolgersi ai centri antiviolenza.
“Le donne hanno diritto di recarsi nei centri antiviolenza senza essere multate e senza dover dichiarare altro motivo che lo stato di necessità” ha sottolineato la ministra.
Bonetti annuncia una nuova indicazione: le donne che si stanno recando in una struttura antiviolenza saranno dispensate dallo scrivere il luogo e dal dare indicazioni più precise rispetto allo stato di necessità per cui hanno lasciato l’abitazione. Non dovranno temere l’autocertificazione e le sanzioni perché la violenza è uno stato di necessità.
La ministra Bonetti considera prioritaria la distribuzione di guanti e mascherine ai centri antiviolenza, nonché l’erogazione il prima possibile dei fondi 2019 già ripartiti.
Tra le nuove misure, Elena Bonetti annuncia: “Pronti a reperire nuove case per accogliere le vittime“.
CORONAVIRUS E VIOLENZA SULLE DONNE: L’APPELLO DELLA SENATRICE VALERIA VALENTE
A quello della ministra Bonetti si aggiunge l’appello della senatrice Valeria Valente, presidente della Commissione di inchiesta sul femminicidio.
“In queste ore stanno diminuendo le denunce che si attestano a 1522, il che significa che non solo stare a casa con il proprio persecutore è pericoloso ma può diventare più difficile, se non impossibile, chiedere aiuto. Per questo vi dico: non vi scoraggiate, si può tentare anche via chat e con la app, le operatrici e le Forze dell’Ordine ci sono“.
Aggiunge: “Stiamo lavorando, con la Commissione Femminicidio per accogliere le richieste dei centri antiviolenza. Pensiamo di presentare uno o più emendamenti al decreto ‘Cura Italia’ per dotare di maggiori risorse le case che ospitano donne vittime di violenza e per mettere loro a disposizione gli strumenti necessari per il servizio di accoglienza: kit sanitari e l’aiuto di medici e infermieri per prevenire e se necessario curare il coronavirus“.
COSA FARE IN CASO DI PERICOLO IMMEDIATO
Mentre c’è chi canta dal balcone, le donne vittime di violenza (o i loro figli) bisbigliano al Telefono Rosa o chiamando al 1522. Chiamano dalla doccia o chiuse in stanza, non si arrendono, chiedono supporto.
Ci rivolgiamo a loro: in caso di pericolo, chiamate il numero antiviolenza nazionale 1522 (attivo h24), i Carabinieri (112) o la Polizia (113) senza esitare.
La vittima che non ha la possibilità di farlo personalmente, può chiedere a qualcuno di chiamare al suo posto.
In caso di pericolo immediato, è bene scappare portando con sé i propri figli ed aspettare l’arrivo delle Forze dell’Ordine.
La vittima che non può fare neanche una telefonata come può sfuggire alla violenza domestica?
Esiste un rimedio lanciato nelle isole Canarie, che sta dilagando in tutta la Spagna.
Grazie al supporto delle farmacie, unico approdo sicuro per denunciare, le vittime possono chiedere aiuto e lanciare l’allarme semplicemente dicendo: “Mascherina 19” (parola in codice per denunciare il fatto di essere vittime di violenza e maltrattamenti in casa).
Una volta pronunciata la parola, scatterà un protocollo: il farmacista avvisa la Polizia che informerà la sezione ‘violenza di genere’ delle procure le quali attiveranno il sistema di protezione.
Potremmo farlo anche qui, in Italia.