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FEMMINICIDIO NEL MONDO: RAPPORTO ONU, DATI, TENDENZE, STUDIO UNODC
Dal rapporto ONU sull’omicidio globale (“Global Study on Homicide 2019”) realizzato da UNODC, abbiamo estrapolato la quinta parte dedicata al fenomeno del femminicidio nel mondo. Il colossale studio riferito all’anno 2017 offre particolari spunti sull’uccisione legata alla violenza di genere di donne e ragazze. Fornisce dati statistici, individua gli autori degli omicidi, di questa violenza letale che necessita di risposte mirate. Raramente, le uccisioni dei partner o ex partner sono spontanei o casuali: dovrebbero essere esaminati come atti estremi su un continuum di violenza di genere che, tuttora, viene sottostimata e, troppo spesso, ignorata.
L’analisi approfondita delle uccisioni perpetrate in ambito familiare (violenza domestica) è accompagnata da forme di omicidi di genere perpetrati al di fuori della sfera familiare come l’uccisione di prostitute o donne in situazioni di conflitti armati.
Lo studio si concentra anche sulla risposta della giustizia penale nei vari Paesi alla discriminazione di genere, sull’influenza di culture dannose, tuttora caratterizzate dai ruoli di genere stereotipati.
Descrive altre forme di omicidi come l’infanticidio femminile e l’uccisione di donne indigene o aborigene, seppure i dati disponibili per l’analisi siano decisamente limitati. Le maggiori lacune dei dati forniti riguardano Africa e Asia.
Più in generale, sono state elaborate statistiche sugli omicidi prodotte da sistemi statistici nazionali contenenti i rapporti tra la vittima e l’autore e il motivo.
Le donne continuano a pagare sulla propria pelle gli stereotipi e la discriminazione di genere non soltanto per mano di partner ma anche di padri, madri, fratelli, sorelle ed altri membri della famiglia solo per il loro status di femmine. Gli omicidi compiuti dai partner rappresentano, il più delle volte, il culmine di una costante violenza di genere. Gelosia e rifiuto dell’abbandono sono i principali motivi.
FEMMINICIDIO NEL MONDO: FENOMENO IN AUMENTO
Riguardo agli omicidi in genere, il rapporto ONU riferisce che le donne assassinate muoiono prima di aver compiuto 50 anni. Rispetto al 2012, nel 2017 il numero di donne e ragazze uccise è diminuito (circa 87.000) ma aumenta il tasso di donne uccise in casa (da 48.000 nel 2012 a 60.000 nel 2017). Donne assassinate da familiari (24%) o partner (34%): i loro killer hanno standard di vita più elevati e, raramente, hanno un passato criminale.
Ad oggi, il femminicidio resta un fenomeno troppo spesso ignorato e sottostimato. La casa si conferma il luogo più pericoloso per le donne.
Le uccisioni legate alla violenza di genere si suddividono in omicidi compiuti all’interno della famiglia e al di fuori della sfera familiare. Tra le due tipologie, la prima riguarda la stragrande maggioranza di omicidi.
I dati elaborati da UNODC in riferimento al fenomeno del femminicidio nel mondo usano come principale indicatore l’omicidio compiuto da un partner o da membri della famiglia: questo perché i vari Paesi analizzati utilizzano diverse definizioni legali del concetto ‘femminicidio’ in fase di raccolta dei dati.
Nel 2017, sono state uccise intenzionalmente 87.000 donne: di queste oltre la metà (58%, 50 mila) sono state uccise da partner o altri membri della famiglia, il che significa che mediamente ogni giorno vengono uccise in tutto il mondo 137 donne. Più di un terzo (30.000) delle vittime sono state uccise dal loro attuale o ex partner, da qualcuno di cui normalmente ci si potrebbe fidare.
Rispetto agli anni passati, il numero di donne uccise a livello globale è in aumento.
Il maggior numero (20.000) delle vittime proviene dall’Asia, seguita da Africa (19.000), America (8.000), Europa (3.000) e Oceania (300).
TASSO SU 100.00 DONNE: CONFRONTO FRA CONTINENTI
Considerando il tasso di femminicidi su 100.000 donne, l’Africa la regione in cui le donne corrono il maggior rischio di essere uccise da un partner intimo o da un membro della famiglia (3,1), mentre l’Europa (0,7) è la regione in cui il rischio è più basso. Il tasso di omicidi risulta elevato anche in America (1,6) così come in Oceania (1,3) e Asia (0,9).
Le regioni con il maggior numero di donne uccise soltanto dai partner (escludendo altri membri della famiglia) sono Asia e Africa (11.000 ciascuno), seguite da America (6.000), Europa (2.000) e Oceania (200).
L’Africa è anche la regione col più alto tasso di donne uccise da partner (1.7), seguita da America (1,2), Oceania (0,9), Europa (0,6) e Asia (0,5).
Il tasso globale complessivo di femminicidi è stato stimato a 2,3 per 100.000 donne: 1,3 legato all’ambito familiare, 0,8 legato al partner.
Il 69% (oltre due terzi) delle donne uccise in Africa sono state vittime di partner o altri membri della famiglia, oltre un terzo (38%) in Europa. L’Oceania è al primo posto per il tasso di donne uccise solo da partner (42%), mentre l’Europa registra il tasso più basso (29%).
Emerge una grande disparità in termini di vittime di partner/famiglia a livello mondiale: il 64% sono donne, il 36% uomini. Considerando come carnefici soltanto i partner, la percentuale di donne vittime sale all’ 82%, mentre scende al 18% quella degli uomini.
IL FEMMINICIDIO NEL MONDO AL DI FUORI DELLA SFERA FAMILIARE
L’indicatore ‘partner/familiari’ non è da considerare esaustivo: sotto l’etichetta ‘femminicidio’ rientrano omicidi perpetrati al di fuori della sfera familiare (donne in situazioni di conflitto, prostitute).
Anche questi casi possono evidenziare una discriminazione di genere. Il problema è che la disponibilità di dati su questo tipo di femminicidi è limitata. Ciò non toglie che, in ogni ambito, la violenza da parte degli uomini per esercitare il controllo sulle donne è radicata ed ampiamente accettata dalla società in genere e dalla famiglia in particolare,
La ricerca mostra che uomini e ragazzi con visioni rigide dei ruoli di genere e di mascolinità hanno maggiori probabilità di usare la violenza contro una partner. Alcuni ricercatori hanno identificato idee di privilegio e controllo maschili tra i principali fattori che potrebbero portare alla perpetrazione di violenza contro le donne.
I principali risultati pubblicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) mostrano che gli uomini hanno maggiori probabilità di perpetrare violenza se hanno un’istruzione limitata, una storia di abusi durante l’infanzia, l’esposizione alla violenza domestica contro le loro madri, l’abuso di alcol, idee legate alla discriminazione di genere.
PROSTITUTE E DONNE NEL CONTESTO DI CONFLITTI ARMATI
La prostituta è una donna sfruttata, spesso dietro minaccia. L’omicidio delle prostitute è un altro esempio di femminicidio dietro cui si celano atteggiamenti di possessività e superiorità maschile. Le schiave del sesso registrano il più alto tasso di omicidio di qualsiasi gruppo di donne mai studiato (18 volte superiore rispetto a donne di età e razza simili che non si prostituiscono). Al fatto di essere donne aggiungiamo l’ambiente altamente criminale in cui vivono. La stragrande maggioranza delle prostitute viene uccisa dai clienti e da serial killer, probabilmente perché sono emarginate dalla società e più difficilmente identificabili. Per questo motivo, è difficile fare una stima reale a livello internazionale degli omicidi delle prostitute.
In Italia, i dati presentati nel rapporto parlamentare annuale 2017 sulla violenza contro le donne indicano che, tra il 2009 e il 2016, sono state uccise 72 prostitute.
Nel contesto di conflitti armati, la donna o viene stuprata e uccisa o resa schiava. L’uso della violenza sessuale come arma di guerra è stato documentato in numerosi rapporti pubblicati dalle Nazioni Unite. Stupri e omicidi di massa di donne e ragazze sono stati documentati nei conflitti in Ruanda (1994), più di recente nella Repubblica democratica del Congo. Non si possono dimenticare le donne yazidi dello Stato islamico in Iraq e del Levante (ISIL) stuprate e gettate in tante fosse comuni.
Considerando quanti femminicidi sfuggono alle statistiche, c’è ancora molto da lavorare sulle ricerche.
LA NATURA MASCHILE È PIÙ VIOLENTA ANCHE TRA COPPIE GAY
Un dato interessante conferma la maggiore natura violenta del ‘maschio’.
La stragrande maggioranza degli omicidi di partner intimi si verifica più di frequente tra coppie eterosessuali coinvolgendo un autore maschio e una vittima femmina.
Omicidi tra coppie omosessuali, bisessuali o transgender si verificano molto meno frequentemente ma, secondo una ricerca riguardante le coppie omosessuali, l’omicidio di un partner dello stesso sesso maschile si verifica circa 12 volte più spesso rispetto ad una coppia gay femminile.
Una recente analisi in 3 Paesi europei ha rilevato che nel 2% dei casi complessivi, gli omicidi hanno coinvolto coppie omosessuali maschili sia in Finlandia che in Svezia: nei Paesi Bassi la percentuale sale al 7%. Nessuno degli omicidi compiuti da partner ha, invece, coinvolto coppie gay di sesso femminile.
ALTRE FORME DI FEMMINICIDIO NEL MONDO
Il femminicidio è la conseguenza della discriminazione di genere e della prevaricazione dell’uomo sulla donna che va oltre il partner geloso.
Tuttora, esistono i cosiddetti ‘femminicidi d’onore’ compiuti da membri della famiglia per punire una qualche vergogna delle ‘loro’ donne. E’ il modello patriarcale secondo cui il peccato di trasgredire i ruoli di genere deve essere punito con la morte della donna anche quando questa è stata stuprata o ama un uomo non gradito alla famiglia. In questo contesto, sono state fatte ricerche in Asia e in Afghanistan.
Il Rapporto UNODC sul femminicidio nel mondo accenna anche alle uccisioni di donne legate alla dote (un pessimo esempio è l’Asia meridionale) e la violenza letale di donne indigene completamente emarginate a livello sociale, culturale, economico e politico. I dati in merito alle donne indigene sono davvero scarsi. Ne esistono alcuni provenienti dal Canada dove è stata avviata nel 2015 un’indagine nazionale a seguito dell’omicidio e scomparsa di molte donne aborigene. Casi del genere sono stati segnalati anche in America centrale e Oceania.
In Africa, Asia e Isole del Pacifico tuttora vengono uccise donne accusate di stregoneria.
Altre forme di femminicidio sono legate a norme e pratiche culturali associate a tradizioni e valori religiosi usati per giustificare la violenza contro le donne. Tra queste ‘usanze’, ritroviamo le mutilazioni dei genitali femminili, il matrimonio infantile e la preferenza del figlio maschio (aborti selettivi per sesso). Quando queste pratiche dannose portano alla morte di donne e ragazze, ci troviamo di fronte ad un femminicidio.
Il vero nemico delle donne spesso ha un nome: ignoranza. In diverse società e Paesi le donne non hanno consapevolezza del significato ‘violenza domestica’ o ‘violenza contro le donne’. Di conseguenza, possono mostrare maggiore tolleranza verso l’abuso psicologico, verbale o fisico non riconoscendoli come abuso.
GLI AUTORI DI FEMMINICIDIO: DETTAGLI
Abbiamo già detto che gran parte degli assassini sono partner o ex partner e che l’uccisione non deriva da atti casuali.
Quando è un uomo ad uccidere, lo fa per possessività, gelosia e rifiuto dell’abbandono: una donna uccide per periodi prolungati di violenza fisica, per autodifesa.
Un recente studio australiano riporta che gran parte dei femminicidi (l’80%) sono stati compiuti da partner o ex partner: circa un quarto di questi uomini era noto alle autorità per precedenti atti di violenza nei confronti della partner. E’ stato scoperto che quasi metà degli uomini ha ucciso il partner entro 3 mesi dalla fine della relazione. Le vittime, generalmente, sono più giovani degli assassini.
In uno studio approfondito di 105 uomini che avevano ucciso la partner, gran parte di loro si giustificava con l’abuso di alcol o droghe. Molti dei condannati continuavano a negare, a non confessare di aver ucciso oppure ne parlavano come di un incidente: circa metà degli uomini non ha dimostrato empatia nei confronti della vittima ed un terzo non ha espresso alcun senso di rimorso. Alcuni si sono dichiarati vittime delle vittime.
E’ emerso che il femminicidio non rappresenta un atto dell’individuo ma un fenomeno principalmente sociale.
IL RICONOSCIMENTO DEL FEMMINICIDIO NEL MONDO
Negli ultimi decenni, il fenomeno della violenza contro le donne è stato riconosciuto dalle autorità nazionali ed internazionali.
La violenza in genere ed il femminicidio sono stati affrontati da una serie di politiche e programmi, risposte sociali, da parte della sanità pubblica e della giustizia penale.
Le risposte della giustizia penale hanno incluso lo sviluppo ed applicazione di leggi che vietano ogni forma di violenza contro le donne, che eliminano la discriminazione di genere ed attuano politiche pertinenti.
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato due risoluzioni sul femminicidio nel 2013 e nel 2015, incoraggiando gli Stati membri ad adottare strategie e risposte per contrastare la violenza contro le donne e ridurre il rischio di femminicidio garantendo la “punizione appropriata per gli autori di omicidio di genere proporzionati alla gravità dell’offesa”.
In gran parte dei Paesi, il femminicidio rientra penalmente nel reato di omicidio con condanne più severe in caso di circostanze aggravanti (omicidio di un coniuge o di una donna incinta). Il reato specifico di femminicidio è stato istituito in 18 Paesi dell’America Latina e dei Caraibi, In altri Paesi come Belgio, Canada e Spagna, sono stati introdotti fattori aggravanti legati all’omicidio di genere.
Nei paesi dell’America Latina, pur avendo adottato una legislazione che criminalizza il femminicidio come reato specifico nei loro codici penali, il fenomeno non tende a diminuire in termini di numero di omicidi legati al genere. Questa realtà riguarda tutte le regioni ed i Paesi nel mondo.
FEMMINICIDIO NEL MONDO: STRATEGIE DI PREVENZIONE E IMPLICAZIONI POLITICHE
Diversi Paesi hanno preso provvedimenti per affrontare la violenza contro le donne e le uccisioni legate al genere attraverso varie strategie:
- modifiche legali;
- interventi precoci;
- task force inter agenzia (creazione di unità speciali o competenze specialistiche all’interno della Polizia, procedimenti giudiziari e formazione dei funzionari di giustizia incaricati delle indagini e delle azioni penali).
In Europa, i primi 10 Paesi a porre attenzione politica e sociale alla violenza contro le donne e femminicidio a partire dalla fine degli anni ’70 ed i primi anni ’80 sono stati: Finlandia, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia, Spagna, Svezia e il Regno Unito.
Nonostante i numerosi programmi sviluppati per prevenire e sradicare la violenza contro le donne, negli ultimi anni non si sono raggiunti progressi tangibili per proteggere e salvare la vita delle donne vittime di partner o familiari. Molte donne si trovano ancora sole a dover affrontare la violenza domestica e deluse dei sistemi di giustizia penale che non rispondono adeguatamente a quella che è una vera e propria emergenza.
Le istituzioni locali, nazionali ed internazionali devono intensificare gli sforzi per aiutare e proteggere le donne vittime di violenza di genere.
Le donne hanno bisogno di accedere ad una gamma completa di servizi forniti dalla polizia e dal sistema giudiziario, dai servizi sanitari e sociali che devono essere coordinati per risultare efficaci. Spesso, le vittime dipendono economicamente dai loro aguzzini. Servizi di supporto (tra cui rifugi, ordini di protezione, consulenza ed assistenza legale) si sono rivelati efficaci nell’aiutare le donne ad allontanarsi da relazioni violente.
Ciò che, di base, deve cambiare è la cultura: il cambiamento deve avvenire soprattutto negli uomini, è necessario coinvolgere gli uomini e le nuove generazioni, educarli ad allontanarsi dagli stereotipi e dalla discriminazione di genere.
L’emancipazione delle donne ha un significato ed un obiettivo semplice: il rispetto della persona e dei diritti umani.
1 Commento
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Mi scusi, non capisco questo uso delle cifre per giustificare il termine “femminicidio”. Anche usando i dati globali, a cui lei fa riferimento e non quelli europei, la percentuale di uccisioni da parte del compagno è del 34%. Quindi 1 su 3. Considerando il tasso di omicidi femminili per 100.000 ovvero lo 0,5% in diminuzione e invece il tasso di omicidi su uomini, sia in ambito familiare che extra familiare, questo allarme per il “femminicidio” è assurdamente sovrastimato. Se usassimo lo stesso metro dovremmo preoccuparci per l’allarme sociale sul “maschicidio”, enormemente più alto e preoccupante. Questa non rientra nella discriminazione?
Esemplificativo l’esempio delle vittime da prostituzione: 76 in 12 anni. Ovviamente le donne prostitute sono per la maggior parte sfruttate e vessate, ma detto questo perché non paragonare il rischio “professionale” con le morti maschili sul lavoro? Forse perchè i 450 morti l’anno totalmente maschili farebbero veramente capire l’entità del problema? Uhhhmmmmm …. non bisognerebbe mai partire dai propri desideri quando si vogliono ricavare analisi dai numeri!