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VIOLENZA CONTRO LE DONNE IN EUROPA: IL NUOVO STUDIO EIGE IN TEMPI DI COVID
I Paesi dell’Unione Europea, in tempi di pandemia da Covid-19, dimostrano di non essere in grado di garantire misure adeguate per far fronte alla violenza contro le donne. Sappiamo tutti che il lockdown, la convivenza forzata e le misure restrittive dovute all’emergenza sanitaria hanno portato ad un aumento della violenza domestica. Non è un problema solo italiano ma europeo e mondiale.
Eige, l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, ha pubblicato di recente due nuovi studi incentrati sulle misure adottate da ogni singolo Paese membro dell’Ue per proteggere le donne vittime di violenza durante la pandemia. Gli autori di violenza nei confronti delle donne, si sa, il più delle volte hanno le chiavi di casa. Come rispondono i governi a questa epidemia di violenza in aumento e cosa potrebbero fare per supportare le vittime?
Nonostante le misure speciali introdotte dai governi Ue per proteggere le donne, il problema resta quello di sempre: case rifugio e servizi di supporto telefonico sono sottofinanziati, dunque il sostegno risulta estremamente frammentato.
VIOLENZA CONTRO LE DONNE IN EUROPA: COS’È E COSA FA EIGE
Prima di analizzare i dati risultanti dai due studi di Eige, vediamo quali sono gli obiettivi dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere e cosa fa.
L’Eige, con sede a Vilnius (Lithuania) è un’agenzia indipendente dell’Unione Europea istituita per promuovere e rafforzare la parità tra uomo e donna all’interno delle politiche Ue. Lotta contro le discriminazioni basate sul genere attraverso campagne di sensibilizzazione in Europa.
Fornisce una banca dati, statistiche, una biblioteca online con 500mila documenti, ricerche e buone pratiche, lancia iniziative per fermare la violenza sulle donne, verifica che l’UE rispetti i suoi impegni internazionali in materia di parità di genere. Collabora con gli Stati membri dell’Unione Europea, mantiene un dialogo con la Commissione europea, il Parlamento europeo ed il Consiglio dell’UE. Fornisce idee sul tema dell’uguaglianza di genere e supporta le istituzioni europee e gli stati membri a prendere decisioni informate, basate su dati concreti.
Il 25 novembre, l’EIGE (European Institute for Gender Equality) illuminerà Europe House a Vilnius. Lo stesso giorno, a Bruxelles, saranno illuminati di arancione la Commissione europea, il Consiglio dell’UE, il Parlamento europeo e il Servizio europeo per l’azione esterna. Tema della campagna di quest’anno: “Orange the World: Fund, Respond, Prevent, Collect!” (ndr: finanzia, rispondi, previeni, raccogli).
VIOLENZA CONTRO LE DONNE: SITUAZIONE ATTUALE NEI VARI PAESI EUROPEI
Iniziamo da Spagna, Irlanda e Lituania, tre Paesi che hanno avviato piani d’azione nazionali per combattere la violenza domestica durante la pandemia.
Lituania e Spagna hanno potenziato il coordinamento tra i propri servizi sanitari, di polizia e di giustizia. L’Irlanda ha stanziato 160mila euro per sostenere i rifugi ed i numeri verdi allo scopo di adeguarsi ai nuovi interventi a distanza. La polizia irlandese controlla le donne vittime di violenza, mentre i tribunali in Irlanda danno priorità ai casi di violenza domestica ampliando le udienze da remoto.
Alcuni Paesi hanno adeguato la legislazione dichiarando rifugi e linee telefoniche ‘servizi essenziali’ da rendere accessibili no-stop.
In Francia, Lettonia, Slovacchia ed Estonia la legge attualmente obbliga i governi a fornire alle vittime un alloggio alternativo. In particolare, in Estonia, i tribunali possono emettere ordinanze restrittive temporanee contro i partner autori di violenza proteggendo la vittima che non ha una casa dove andare.
LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE NON È UN AFFARE PRIVATO
La violenza subita dal partner è una violazione dei diritti umani. Non ci stancheremo mai di ripeterlo. La campagna spagnola ha voluto sottolinearlo, una volta di più.
Quasi tutti i Paesi Ue hanno lanciato campagne di sensibilizzazione fornendo consigli e linee guida. Non sono poche le vittime, ancora oggi, che non si rendono conto di subire abusi o non sanno a chi rivolgersi per chiedere aiuto e sostegno. Per difendersi, la vittima deve innanzitutto riconoscere la violenza.
In particolare, Finlandia, Grecia e Portogallo hanno lanciato campagne di sensibilizzazione rivolte a rifugiati e migranti, mentre altri Paesi si sono concentrati sulle donne LGBTIQ o appartenenti a comunità rom.
Le linee guida e la corretta informazione sono importanti anche per i testimoni di violenza domestica che, spesso, intendono aiutare la vittima non chiamando la Polizia ma aiutando la vittima stessa ad accedere a servizi di supporto mirati.
Il personale di consulenza ed assistenza, durante la pandemia Covid, è stato travolto dall’aumento delle richieste di aiuto e di sofferenza delle donne vittime di violenza. Questi operatori si sono sentiti impreparati nel fornire supporto e preoccupati anche riguardo alla privacy delle vittime.
VIOLENZA CONTRO LE DONNE IN EUROPA: SISTEMI TRABALLANTI OVUNQUE
La ricerca Eige conferma la situazione generale di tutti i Paesi europei. I sistemi di protezione, rifugio e supporto sono traballanti. Non esiste, come non esisteva in precedenza, un sistema di protezione personale a supporto delle vittime di violenza di genere davvero concreto nei momenti di emergenza.
Non c’era nella prima ondata della pandemia e non c’è ora. Mancano sufficienti finanziamenti e case rifugio: tanto che le vittime sono state trasferire in alloggi ed alberghi forniti privatamente. La misure rapide attuate dal settore privato sono lodevoli ma non è questa la soluzione per salvare la vita delle donne e dei loro figli. Deve essere una questione pubblica.
L’aumento della violenza ha coinvolto donne dell’intero globo. Nonostante l’aumento allarmante dei casi di violenza domestica durante la pandemia, nessuno Stato europeo ha attuato un piano di emergenza per contrastare il fenomeno.
Il Covid ha messo in luce un problema che esiste da sempre: i governi, le società sono tuttora impreparati ed incapaci di proteggere le vittime di violenza domestica.
IL FENOMENO DELLA VIOLENZA IN ITALIA
Covid o non Covid, in Italia le risorse sono scarse. Molte strutture che accolgono le donne vittime di violenza ed i loro figli (centri antiviolenza, case rifugio) non hanno più ricevuto finanziamenti. In certi Comuni, a dare un aiuto concreto sono associazioni virtuose ancora operative grazie a donazioni private.
Il governo italiano, pur aderendo alla Convenzione di Istanbul che prevede l’impegno a supportare le strutture antiviolenza, non può cavarsela con spot televisivi in occasione del 25 novembre, Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Chi è in prima linea ogni giorno, nonostante tutto, gradirebbe più risorse e meno convegni o appelli. A partire dalle scuole dove si dovrebbe insegnare il rispetto per le donne e l’uguaglianza di genere.
GENDER EQUALITY INDEX 2020 IN EUROPA: I DATI DELL’EIGE
Il 29 ottobre, l’EIGE ha pubblicato il Gender Equality Index 2020 che valuta i progressi sull’uguaglianza di genere negli Stati membri dell’UE in base a 6 fattori: lavoro, denaro, conoscenza, tempo, potere e salute.
I progressi sono troppo lenti secondo l’EIGE. Di questo passo, l’Europa può sperare di raggiungere la parità di genere tra più di 60 anni.
Il punteggio dell’indice sull’uguaglianza di genere è pari a 67,9 su 100: è migliorato di soli 4,1 punti dal 2010 e 0,5 rispetto al 2017. Cresce di un punto percentuale ogni 2 anni e rischia di arrestarsi a causa della pandemia.
L‘Italia risulta essere il Paese europeo che sta progredendo a ritmo più veloce verso la parità di genere (10,2 punti in più rispetto al 2010) ma persiste il divario di genere nell’occupazione e nei salari. Si trova al 14° posto della classifica con 63,5 punti su 100: registra i maggiori progressi nell’ambito dei ruoli di potere (+23,6 punti dal 2010) e della conoscenza (+8,1 punti).
In contraddizione a questi progressi, le disuguaglianze di genere più marcate si verificano proprio nell’ambito del potere (con punteggio basso di 48.8). La differenza salariale è evidente: in media, un quinto rispetto a quella degli uomini.
Progredisce anche la situazione in Lussemburgo (9,1) e Malta (9), mentre Svezia, Danimarca e Francia restano ai primi posti. Grecia, Ungheria e Romania sono i 3 Paesi più in ritardo.
I fenomeni che preoccupano maggiormente l’EIGE sono:
– il lavoro di assistenza non retribuito;
– la segregazione in determinati settori di lavoro (pulizie, assistenza sanitaria), mentre gli uomini predominano nel settore dello sviluppo di nuove tecnologie in tutta Europa;
– il numero allarmante di atti violenti contro le donne;
– la mancanza in ruoli di leadership e di poteri decisionali nella politica e nell’economia.
L’EIGE conclude: questi problemi non si risolveranno da soli, è necessaria l’azione di tutti i Paesi UE e l’adozione di misure vincolanti.