27-5 VIOLENZA SESSUALE

27-5 VIOLENZA SESSUALE
27 Maggio 2021 Francesco Ciano
VIOLENZA SESSUALE

VIOLENZA SESSUALE: PERCHÉ LE VITTIME NON VENGONO CREDUTE, IL SENSO DEL CONSENSO

Le donne vittime di violenza sessuale, dopo la denuncia, non vengono credute. Succede che anche i familiari, a volte, facciano fatica a credere alle vittime. E’ soprattutto per questo motivo che, le donne stuprate che alla fine trovano il coraggio di denunciare, non agiscono subito. Hanno paura di non essere comprese, credute, di essere esposte alla gogna, al giudizio degli altri, di subire una seconda violenza, la cosiddetta vittimizzazione secondaria.

Perché viene messa in dubbio la parola delle donne che denunciano lo stupro?

Per lo stesso motivo per cui Erdogan non ha fatto trovare una sedia alla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Perché sono donne, senza voce e, peggio ancora, ritenute tuttora inferiori dalla società, considerate un oggetto sessuale, oggetto del desiderio che non può desiderare. Non può desiderare di scegliere liberamente con chi praticare sesso, se lo vuole e quando lo vuole.

Volere, consenso, il senso del consenso.

No è no, se non si dice sì è sempre no, se una donna ubriaca viene violentata è sempre no. La violenza sessuale è reato senza ma e senza se. Tutto questo è ancora difficile da capire.

Rispettare le donne è giusto e naturale, ma bisogna ancora usare l’espressione ‘dovrebbe essere‘ perché nella realtà non è così. Rispettare le donne: riescono a capirlo le donne che aiutano le donne, quelle che lavorano nei centri antiviolenza dove le vittime non si sentono sole.

La nostra società è ancora messa male, molto male.

 

VIOLENZA SESSUALE: “PERCHÉ HA ASPETTATO GIORNI PER DENUNCIARE?”

Si discute da settimane della presunta violenza sessuale ai danni di una studentessa 19enne che coinvolge anche Ciro Grillo, il figlio del fondatore del M5S.

E la ragazza? Perché avrebbe aspettato 8 giorni per denunciare?”.

Questa domanda del padre che difende Ciro Grillo ha scatenato polemiche a non finire. Subire una violenza sessuale è uno shock, la vittima prova vergogna e sa che verrà esposta al giudizio della società, agli attacchi dell’opinione pubblica, della stampa conservatrice, dei padri ricchi e potenti che difendono i figli.

Cosa avrà fatto la ragazza per ‘meritarsi’ la violenza? Questo si chiederanno. Qualcuno chiamerà bugiarda la vittima di stupro ma, fortunatamente, un’altra fetta della società si schiera dalla parte delle donne abusate. Ciro Grillo, dopo la difesa del padre in video, ha riaperto il profilo Instagram che aveva disattivato: molti non hanno apprezzato, tanto che quel profilo è stato riempito di insulti.

La ragazza perché avrebbe aspettato 8 giorni per denunciare?

Per la Cassazione, non vale appellarsi ad un eventuale ritardo nella denuncia per violenza sessuale alle Forze dell’Ordine. Secondo i giudici supremi la vittima potrebbe aver bisogno anche di mesi per rielaborare il trauma e trovare la forza necessaria per denunciare. Per questo motivo, la legge sul Codice Rosso ha aumentato da 6 mesi ad un anno il tempo utile per sporgere denuncia. Ha anche aumentato le pene. Per la violenza sessuale la reclusione passa dai 5-10 anni precedenti a 6-12 anni, mentre per la violenza di gruppo passa da 6-12 anni a 8-14 anni.

 

I DATI ISTAT SULLA VIOLENZA SESSUALE IN ITALIA

Nel nostro Paese, ogni anno vengono denunciati oltre 4.000 episodi di abusi sessuali: in 8 casi su 10, i presunti autori di violenza sessuale sono conoscenti delle vittime. Nel 2020 i casi sono stati 4.383.

I dati dell’ISTAT riportano che:

– il 40% delle vittime ha un’età compresa tra i 14 e i 24 anni;

– il 36% dei presunti violentatori ha un’età compresa tra i 18 e i 34 anni;

– 4,5 milioni di donne, almeno una volta nella vita, hanno subito violenza sessuale, anche le forme più gravi come lo stupro (652.000 donne) e tentato stupro (746.000).

In Italia, il 27% delle donne afferma di aver subito una violenza sessuale e/o una violenza fisica. Soltanto il 10-13% delle donne denuncia a seconda che l’aggressore sia il partner o meno.

Le donne vittime di violenza sessuale non solo denunciano poco ma se trovano il coraggio di farlo e, in primo grado, non vengono credute difficilmente decideranno di andare avanti.

Questi sono i dati, ma cosa dice la legge italiana riguardo al reato di violenza sessuale?

Prima di rispondere, bisogna distinguere i 3 diversi modelli di diritto penale, spiegare su quale modello si basa l’ordinamento italiano e, di conseguenza, scoprire quali sono i limiti del consenso di una donna vittima di stupro.

 

MODELLO CONSENSUALE PURO, LIMITATO E VINCOLATO

Nel diritto penale esistono tre modelli che definiscono il ruolo del consenso nei reati sessuali, ovvero il modello:

consensuale puro secondo cui è reato qualunque tipo di atto sessuale in cui manchi il consenso valido della vittima;

consensuale limitato, per cui è reato qualsiasi atto sessuale rispetto al quale la persona offesa ha manifestato chiaramente il dissenso;

consensuale vincolato, che ritiene violenti soltanto gli atti sessuali caratterizzati da costrizione, minaccia e violenza.

Secondo Amnesty International, il codice penale italiano si ispira al modello consensuale vincolato ma, di recente, negli orientamenti giurisprudenziali prevale il modello consensuale limitato.

Dodici Paesi europei (Austria, Belgio, Danimarca, Cipro, Grecia, Germania, Islanda, Irlanda, Portogallo, Lussemburgo, Svezia e Regno Unito) puniscono qualsiasi atto in cui manchi il consenso valido della vittima (modello puro). Non è così in Italia anche se qualcosa sta cambiando.

Nel nostro Paese si può presumere che una donna sia dissenziente quando “non sussistono indici chiari e univoci che dimostrino l’esistenza di un consenso, sia pur tacito e in ogni caso inequivocabile”.

 

QUANDO IL CONSENSO DELLA DONNA VIENE MENO IN ITALIA?

Quali sono i limiti del consenso nel nostro Paese?

Secondo le più recenti pronunce della Corte di Cassazione il consenso viene meno quando la vittima:

– non reagisce in quanto è stata minacciata o picchiata;

– non reagisce in quanto dorme;

– piange;

– è ubriaca o sotto l’effetto di droghe, in condizioni psichiche che non le permettono di decidere liberamente.

Se la donna ha bevuto o assunto droghe volontariamente, non sono previste aggravanti per l’autore della violenza. Ciò non toglie che la vittima abusata possa sporgere denuncia non appena torna lucida.

Se, invece, la donna è costretta ad ubriacarsi o ad assumere droghe contro la sua volontà, scatta l’aggravante di un terzo della pena per lo stupratore (dagli 8 ai 16 anni di carcere).

Il fatto che il violentatore sia ubriaco non costituisce un’attenuante: la sua imputabilità non diminuisce (art. 92 del Codice penale).

 

VIOLENZA SESSUALE: LA LEGGE E LA REALTÀ NEI TRIBUNALI

Gli orientamenti della Cassazione non sempre vengono applicati dai giudici di merito. Esistono stereotipi e pregiudizi anche nei Tribunali e non è detto che chi deve applicare la legge vada di pari passo con i cambiamenti della giurisprudenza. I magistrati devono essere adeguatamente formati sulla violenza di genere e sui reati sessuali.

Il modello consensuale richiede di verificare quali circostanze possano aver indotto a credere che ci fosse il consenso della vittima.

La domanda importante è “Su quali basi l’indagato ha ritenuto che la donna fosse consenziente?”. Il consenso è il punto di partenza dell’accertamento giudiziario, non di arrivo. Nei processi per violenza sessuale, invece, i giudici verificano se la vittima ha manifestato chiaramente il suo dissenso all’atto sessuale partendo dall’idea che il rapporto sessuale presuppone il consenso della donna.

La testimonianza della vittima per provare lo stupro è sufficiente, dopo che i giudici abbiano accertato la sua credibilità attraverso determinate domande.

Non tutte le domande possono essere poste alla vittima. Sono da escludere domande estranee ai fatti che riguardano abitudini e gusti della sfera sessuale o esperienze sessuali precedenti oppure domande del tipo “Indossava i pantaloni quella sera?” o “Gli ha mai detto che intendeva fare sesso con lui?

Per valutare l’attendibilità della parte offesa, i giudici possono anche ricorrere a testimoni o a referti medici.

 

IL CONSENSO DELLA DONNA PER TUTTA LA DURATA DEL RAPPORTO

Il consenso di una donna deve essere esplicito per tutta la durata del rapporto, dal primo all’ultimo atto.

Se una donna, in un primo momento, flirta e si lascia andare ad effusioni e poi ci ripensa l’uomo deve rispettare la sua volontà anche se si trova nel bel mezzo del rapporto. Un ‘no’ dell’ultimo minuto può far scattare lo stupro anche se la donna era consenziente ai preliminari.

Per la Suprema Corte è sufficiente che il consenso non sia stato chiaramente manifestato dalla vittima. L’equivoco o l’errore non salvano da una condanna per stupro.

Il dissenso potrebbe anche essere tacito, ad esempio in un clima di paura per la propria incolumità.

Non è consenso la richiesta dell’uso del preservativo perché potrebbe semplicemente essere un tentativo di ridurre gli effetti negativi dell’atto non voluto.

Il fatto di rispondere a SMS del violentatore o di essersi fatta riaccompagnare a casa dopo l’abuso non esclude né diminuisce l’imputabilità.

 

LA CULTURA DELLO STUPRO CHE AZZERA IL CONSENSO DELLA DONNA

Sono soltanto ragazzi… stavano giocando“.

Lei indossava una gonna troppo corta… se l’è cercata“.

Frasi tipiche della cultura dello stupro (rape culture), termine coniato negli anni Settanta dai movimenti femministi. E’ la tendenza a minimizzare o, peggio ancora, a giustificare la violenza sessuale e lo stupro fino ad incitare alla violenza sulle donne colpevolizzando la vittima.

La cultura dello stupro parla di totale controllo del corpo maschile su quello femminile, del consenso irrilevante o azzerato della donna che non ha diritto a dire si o no.

Il corpo delle donne viene visto come oggetto di violenza, stupro e catcalling, la donna è una preda sia nella vita reale sia online. La violenza rappresentata anche dalla pornografia viene ritenuta sexy, la sessualità è violenta, il terrorismo emotivo e la dominazione psicologica contro le donne vengono considerati normali.

La cultura dello stupro è misoginia, perversione patriarcale, minaccia i corpi e le vite delle donne negando loro una libera e piena cittadinanza.

FRANCESCO CIANO

 

 

 

 

 

Francesco CIANO

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