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VIOLENZA SIMBOLICA SULLE DONNE: L’ORIGINE CULTURALE DI TUTTI I MALI
Ci piace pensare che ad aver descritto la violenza simbolica sulle donne sia stato un uomo, il sociologo francese Pierre Bourdieu. Certo, non si riferiva soltanto alla violenza di genere ma anche a quella razzista. Genere e razza: i due bersagli del vizio discriminatorio del dominatore nato, incallito, addestrato dalla società e dalla cultura.
Approfondiamo la violenza simbolica come violenza culturale sulle donne. Esiste da sempre, è l’origine culturale di tutti i mali.
La violenza più subdola è quella simbolica, esercitata dal dominatore che impone al dominato una certa visione del mondo. E’ una sorta di ‘stato delle cose’ nella nostra società, una specie di ‘naturale’ superiorità dell’uomo sulla donna riscontrabile nei comportamenti, posture, modi di dire, nei modi di essere come normale e normativo prodotto degli storici rapporti uomo-donna.
Violenza simbolica è mostrare la donna in scene di violenza e sottomissione (cinema, video porno che simulano violenze sessuali), nel linguaggio maschilista, nel convincere le donne che i loro corpi hanno bisogno di ritocchi, di scarpe dal tacco altissimo, piedistallo scomodo e doloroso, sacrificio necessario per il loro dovere di piacere agli uomini.
Violenza simbolica è tutto questo e tanto, troppo di più. Le donne pagano da sempre con questa amara moneta.
VIOLENZA SIMBOLICA SULLE DONNE RADICATA NELLA CULTURA E NELLA SOCIETÀ
La violenza simbolica, introdotta negli anni ’70 del secolo scorso dal sociologo francese Pierre Bourdieu, si può definire la peggiore in quanto è meno individuabile rispetto alla violenza fisica. Il dominatore impone una certa visione del mondo, in particolare dei ruoli sociali, strutture mentali e categorie cognitive. Il dominato è inconsapevole, non si rende conto di essere succube di questa violenza.
Si tratta di una violenza ‘dolce’, invisibile, esercitata con il consenso inconsapevole di chi la subisce. Consenso inconsapevole: sembra una contraddizione in termini.
Bourdieu evidenzia il fatto che i sottomessi sono “complici (inconsapevoli) della dominazione”. Bisognerebbe definire le vittime ‘soggiogate’ in quanto il complice dovrebbe essere cosciente e, quindi, scegliere il ruolo che gli viene imposto. Questo concetto è alla base delle attuali polemiche che vedono scontrarsi, da una parte, chi accusa la donna vittima di violenza di essere complice del carnefice e, dall’altra, chi afferma che la vittima non essendo consapevole o essendo mentalmente soggiogata non può essere definita complice dell’aguzzino fino al punto di rischiare la morte.
La violenza simbolica non è quella compiuta dal singolo individuo: è talmente radicata nella società e nella cultura da far pensare che certe visioni del mondo, certe regole siano sempre esistite. Non si possono discutere, non possono mutare.
LA VIOLENZA SIMBOLICA AI GIORNI NOSTRI
Sono tanti gli esempi di violenza simbolica che pervadono l’attuale società.
Si prenda, ad esempio, il potere dei media che insistono e danno forza ai pregiudizi ed agli stereotipi ricordando i ruoli di ognuno, incasellando tutto in un determinato spazio predefinito.
I media esercitano un effetto potente in base alla loro capacità di manipolare le strutture mentali precostituite delle persone.
I media stigmatizzano, mentre i tribunali discriminano o, addirittura, non definiscono violenza sessuale quella subita da una donna brutta o mascolina.
I diversi non fanno testo, sfuggono alle regole e vengono perciò segregati e maggiormente discriminati. La riproduzione culturale, i ruoli imposti dalla società, la struttura di classe generano comportamenti regolari che vanno a condizionare la vita sociale. Chi non si rassegna a tutto questo e fuoriesce dagli spazi sociali imposti ha meno diritti ed è più esposto ad abusi, giudizi innescati dai pregiudizi culturali.
Si potrebbe scrivere un libro (o un’enciclopedia) sugli esempi di violenza simbolica patriarcale.
Cinema e Tv sono canali imbevuti di sessismo, che mostrano la donna in situazioni di sottomissione e violenza. Tra tanti film violenti, citiamo come esempio significativo la pellicola “X-Men: Apocalypse” uscito nel 2016 a Los Angeles e New York. Rappresenta un’ignobile pubblicità che promuove la violenza contro le donne. Nell’immagine del cartellone, il personaggio femminile Mystica viene strangolata dall’antagonista uomo Apocalisse. L’atto dello strangolamento della donna è accompagnato dalla frase: “Solo i forti sopravvivranno“. La casa cinematografica 20th Century Fox è stata costretta a rimuovere i cartelloni dopo la protesta delle organizzazioni femministe. C’è da aggiungere altro?
VIOLENZA SIMBOLICA SULLE DONNE: TUTTA COLPA DI EVA?
La violenza simbolica sulle donne va oltre un cartellone che ritrae una donna strangolata da un uomo. Comprende molti altri comportamenti stereotipati come convincere le donne che i loro corpi non sono sufficientemente belli e che devono ricorrere a ritocchi, al bisturi del chirurgo plastico. Le donne hanno il dovere di essere belle, snelle, a prova di bikini, di mantenersi giovani il più a lungo possibile, di indossare tacchi dannosi per la schiena e per i piedi, reggiseni push-up imbottiti, di acquistare costosissime creme antirughe, trucchi e tinture per capelli. Ok, questo è il male minore. Parliamo d’altro.
La violenza simbolica si manifesta nella restrizione della capacità di movimento delle donne. La donna prigioniera del proprio corpo deve limitare i suoi movimenti. Il burka è soltanto l’esempio più ovvio e scontato ma parliamo anche della donna che deve vestirsi in un certo modo e che deve evitare di viaggiare da sola per non passare per una poco di buono. La società stabilisce a quali luoghi una donna deve appartenere, quali occupare e frequentare.
Ad una donna che denuncia una violenza sessuale viene chiesto regolarmente perché girava da sola di notte, se ha bevuto, cosa indossava. Se non è abbastanza desiderabile, se è mascolina, il reato non sussiste. E’ violenza simbolica quella ‘ereditata’ da una società che accusa le donne vittime di violenza di essere responsabili di quanto subiscono per ‘come si vestono’ o perché hanno bevuto.
Senza voler cadere e ‘scadere’ nel blasfemo, si può dire che la stessa simbologia religiosa che vede Eva tentare Adamo offrendogli la mela del ‘peccato’ non è immune dalla violenza simbolica.
LINGUAGGIO SBOCCATO MASCHILISTA E SESSISTA, BARZELLETTE, VIDEO VIOLENTI
E’ violenza simbolica il linguaggio sboccato, maschilista, patriarcale e sessista che non risparmia il cinema e la Tv, scritto a caratteri cubitali sui muri, nei bagni delle discoteche o degli autogrill.
In “Profumo di donna” Al Pacino in una scena afferma: “Vedi ragazzo ci sono due cose per cui vale la pena di vivere, al primo posto c’è la figa, al secondo posto c’è la Ferrari”. Spesso, la donna dominata aderisce al pensiero del dominante se intende instaurare un rapporto con lui. In questo caso, è complice non consapevole della violenza simbolica.
Le femministe insistono sull’educazione a partire dalle scuole per sensibilizzare alla violenza di genere. Le donne devono prendere coscienza di quanto sia subdola, dannosa e devastante la violenza simbolica, madre di tutte le violenze ai danni del sesso femminile a partire dalle parolacce, dei video o videogame porno con cui si gioca alla violenza sessuale che squalificano e degradano le donne. Tutto questo non è un gioco: ha un’origine ideologica molto rappresentativa che rafforza il simbolico interiorizzato della cultura patriarcale.
Ridere sulle barzellette che sfruttano gli stereotipi contro le donne per far ridere gli amici è violenza simbolica. Le battute e parolacce che degradano le donne sono ignobili alla stregua del razzismo.
VIOLENZA SIMBOLICA SULLE DONNE: BASTA LA PRESA DI COSCIENZA?
Secondo il sociologo Pierre Bourdieu, la presa di coscienza non basta per sradicare la violenza simbolica sulle donne. Le organizzazioni femministe affermano da sempre che, per sfuggire alla violenza simbolica maschile le donne debbano prendere coscienza della loro inferiorità sociale e politica, della loro sottomissione. Il sociologo considera tutto questo un’illusione, contesta questa idea. La soluzione non sarebbe la presa di coscienza delle donne. Perché?
E’ un concetto ingenuo secondo Bourdieu in quanto lascia supporre che i dominati potrebbero liberarsi dalla dominazione attraverso una presa di coscienza dei meccanismi della dominazione. Un’utopia perché i meccanismi di dominazione pervadono non solo l’oggettività sociale ma anche la soggettività, le strutture mentali degli individui (dominanti e dominati).
Si tratta di percezioni che vanno al di là della presa di coscienza, a cui sfuggono. Sono disposizioni permanenti, ‘incise’ nella nostra mente in forma di apprendimento, che penetrano profondamente nella famiglia e nella società. Sono disposizioni difficilissimi da trasformare e non basta la presa di coscienza razionale per riuscirci. Per Bourdieu, parlare di coscienza è pericoloso o inadeguato. Non si può pensare che la vittima di violenza simbolica possa “abdicare coscientemente alla propria libertà di dissidenza”.
La violenza simbolica si nutre della complicità di strutture cognitive inconsce, profondamente incorporate che si apprendono fin dalla nascita come il modo di comportarsi, di sedersi, parlare, gesticolare, guardare. Si inculcano categorie di percezione, valutazione, azioni, simboli. In una parola, stereotipi che la società impone in forma di complicità inconscia alle donne.
La stessa parola ‘diritto’ richiama la posizione ‘dritta’ dell’uomo, della morale d’onore delle società mediterranee. L’uomo deve stare dritto, guardare dritto in faccia, la donna deve abbassare lo sguardo.