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STALKING MILITARE: DONNE IN CASERMA E NELLE FORZE ARMATE DA TUTELARE
Le donne in caserma e nelle Forze Armate vittime di violenza, stalking e di ‘nonnismo maschilista’ sono da tutelare. Il fenomeno dello stalking militare riemerge prepotentemente dopo un recente caso che fa discutere e che ha attivato il Tribunale militare di Napoli.
Il sostituto procuratore Marina Mazzella ha chiesto il rinvio a giudizio di un caporalmaggiore capo scelto qualifica speciale dell’Esercito (all’epoca dei fatti in servizio presso il 21° Reggimento Guastatori di Caserta) evidenziando i reati di percosse e lesioni personali continuate aggravate, di minaccia e ingiuria continuate aggravate. E’ stata fissata al 10 novembre la data in cui il giudice Francesco Paolo Fasoli avrebbe dovuto decidere per l’udienza preliminare del Tribunale militare di Napoli e si attendono aggiornamenti.
La presunta vittima è una 37enne di Capua (caporal maggiore scelto dell’Esercito): ha sostenuto di aver subito per lungo tempo violenze, minacce, insulti e stalking da parte di un suo superiore.
I Carabinieri di Capua hanno scoperto che il superiore l’avrebbe più volte picchiata sbattendole la testa contro il cruscotto dell’auto, rompendole un dente, prendendola per i capelli, schiaffeggiandola, insultandola, sputandole addosso, minacciandola di morte.
Le ripeteva “Ti impicco al cancello di casa mia”.
STALKING MILITARE: IL PRIMO CASO INDAGATO A NAPOLI
Il 16 aprile 2020 la donna soldato ha chiesto aiuto ai colleghi: era in stato confusionale, con segni di violenza sul collo e sull’addome. In quella circostanza, riferì ad un capitano di aver avuto un litigio con un militare con cui da 2 anni intratteneva una relazione. Si rifiutò di denunciarlo e di recarsi in ospedale. Dopo aver riferito al capitano, il comandante del 21° Reggimento Guastatori ha segnalato il fatto alla Procura militare di Napoli che ha subito aperto un’inchiesta.
La donna non riusciva più a dormire serenamente, sul luogo di lavoro si trovava in imbarazzo con superiori e colleghi, il suo aguzzino la derideva.
Oggi, l’indagato nega tutto: nega di aver avuto una relazione con la donna ed accusa lei di porre in essere molestie e condotte persecutorie nei suoi confronti. Per gli inquirenti le accuse sono fondate: violenze e minacce sarebbero andate avanti dalla fine del 2018 al mese di agosto 2020.
E’ una svolta senza precedenti: è il primo caso di presunto stalking tra una coppia di militari finito sotto gli occhi della Procura militare di Napoli che intende andare fino in fondo. Il giudice dovrà decidere per il processo in cui la presunta vittima si costituirà parte civile per far valere i suoi diritti.
MOBBING, ABUSI SESSUALI E STALKING MILITARE: IL VUOTO LEGISLATIVO NELLE FORZE ARMATE
Non esistono regole chiare ed ufficiali per perseguire e punire le prevaricazioni con finalità sessuali, il mobbing, lo stalking in ambito militare. Il Codice penale militare (1941) è stato scritto molto prima che le donne entrassero nelle Forze Armate.
Si parla da sempre di nonnismo in caserma ma non è mai stato qualificato come reato. Oggi, il nonnismo è un fenomeno che prende di mira le donne soldato ed ha finalità di carattere sessuale. I codici devono essere aggiornati, risulta indispensabile disciplinare questi reati all’interno delle caserme.
Il vuoto legislativo su situazioni di nonnismo legato alla sfera sessuale è spuntato fuori a livello mediatico a seguito del noto caso Parolisi, il sottufficiale istruttore che ha ucciso sua moglie. Emersero sconcertanti episodi di diverse allieve vittime di nonnismo sessuale.
Nell’ultimo ventennio, le Forze Armate hanno dovuto fare i conti con problemi legati al confronto tra i sessi, dalle differenze nelle performance fisiche a devianze comportamentali come molestie e stalking.
Nel 2012, è stato creato il Consiglio interforze sulla prospettiva di genere e sono state elaborate dallo Stato Maggiore della Difesa linee guida che danno indicazioni riguardo all’adozione della prospettiva di genere nelle attività operative e sul rispetto delle pari opportunità all’interno delle Forze Armate.
Linee guida e indicazioni non sono normative ufficiali. Bisogna colmare il vuoto legislativo, una lacuna più volte rilevata da Marco De Paolis, attualmente Procuratore generale militare presso la Corte d’Appello di Roma.
QUALCOSA SI MUOVE IN PARLAMENTO PER LA TUTELA DELLE DONNE NELLE FORZE ARMATE?
Il 10 marzo scorso, in Parlamento è stato avviato l’esame (nelle Commissioni congiunte Difesa e Giustizia) di un paio di disegni di legge per l’introduzione nel codice penale militare di pace dei reati di stalking, violenza privata e violenza sessuale.
I reati devono essere commessi da appartenenti alle Forze Armate in ambito militare e ai danni di altri militari (art. 103, co. 3 della Costituzione).
Per tutelare concretamente le vittime di tali reati non basta intervenire sul diritto penale sostanziale. E’ necessario disciplinare l’uso di strumenti idonei ai fini investigativi (come le intercettazioni) superando barriere legate alla privacy in ambito militare.
Ad oggi, resta irrisolta la questione della riforma dei Codici penali militari.
Due anni fa, il Sindacato dei Militari ha chiesto un’urgente modifica del Codice penale militare di pace con l’inserimento dei reati di violenza e molestia sessuale, di stalking in danno di donne militari. Lo stesso sindacato ha ricordato quanto il mondo militare sia tuttora maschilista e discriminatorio nei confronti delle donne: probabilmente, l’arruolamento delle donne non è mai stato voluto né gradito da nessun generale. E’ stato perlopiù tollerato come un’imposizione della legge, ma le donne soldato sono sempre state viste come ‘donne in un ambiente per soli uomini’.
Oltre agli abusi sessuali e allo stalking, esistono forme di violenza e discriminazione non meno gravi contro le soldatesse. Ad esempio, le regole nei bandi di concorsi interni per l’avanzamento di grado che impongono alle donne di sottoporsi al test di gravidanza mettendole di fronte ad una scelta (la maternità o la carriera).
A distanza di 20 anni le donne soldato si ritrovano spesso isolate, vessate in quanto donne, vittime abbandonate a sé stesse: tuttora, il mondo militare non riconosce i loro diritti e la pari dignità.
TRA VUOTO LEGISLATIVO E PAURA DI DENUNCIARE
Le vittime di violenza, molestie e stalking all’interno delle Forze Armate hanno paura di denunciare.
“Sono un tuo superiore, la mia parola contro la tua” è il solito ricatto, la minaccia. Il muro di omertà si alza inesorabilmente. Molte donne soldato hanno dovuto abbandonare la vita militare, chiedere il congedo. Per violenza fisica o psicologica, non ce l’hanno fatta.
La gerarchia è esasperata, la violenza esiste nelle caserme ma la sua gravità non emerge.
All’interno delle caserme lo strumento della querela non è previsto: tutto ciò che può fare la soldatessa vittima di violenza è rivolgersi al comandante il quale tenterà di risolvere la questione all’interno, senza coinvolgere i magistrati.
Un altro problema è la difficolta di definire le competenze tra magistratura ordinaria e militare; esiste un vero e proprio conflitto di attribuzioni. A titolo di cronaca, nel 2013 in Francia il codice militare è stato soppresso: la giurisdizione è passata sotto la magistratura ordinaria.
Il caso Parolisi insegna: gli episodi di violenza sono emersi perché si indagava su un omicidio, altrimenti nessuno avrebbe saputo mai nulla.