30-7 LO STALKING NON È PIÙ AGGRAVANTE?

30-7 LO STALKING NON È PIÙ AGGRAVANTE?
30 Luglio 2021 Francesco Ciano
lo stalking non è più aggravante

LO STALKING NON È PIÙ AGGRAVANTE DELL’OMICIDIO/FEMMINICIDIO: VERO O FALSO?

Il 16 luglio scorso, diverse testate tra cui Repubblica hanno annunciato una sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Una sentenza in base alla quale la Corte avrebbe deciso che lo stalking non è più aggravante dell’omicidio/femminicidio. Hanno sottolineato che il reo di omicidio/femminicidio, d’ora in poi, verrà condannato soltanto per l’omicidio, non per le azioni compiute in precedenza.

Ricordiamo che, dal 2009, il reato di stalking viene considerato un’aggravante al reato di femminicidio e, di conseguenza, la pena aumenta. Per entrambi i reati, il reo può essere condannato fino alla pena dell’ergastolo se, dopo aver torturato la sua vittima anche per anni, finisce con l’ucciderla.

Con la recente sentenza, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un delitto del 2016 ed ha stabilito che l’omicidio, in quanto reato complesso, assorbe tutto il resto (incluso il reato di atti persecutori, ovvero dello stalking).

Secondo le suddette testate, in questo modo, l’assassino pagherebbe solo per il reato di omicidio, come se stalking e lesioni precedenti non fossero mai avvenuti. In pratica, affermano che la legge che protegge le donne viene depotenziata. Presentano la decisione della Cassazione come un passo indietro di 12 anni della legge italiana in tema di violenza di genere e stalking, che può rendere le donne ancora più sole, indifese e vulnerabili sia di fronte alla legge sia nei confronti dell’aguzzino.

Vero? Falso?

Scopriamo meglio cosa ha deciso la Cassazione, perché e quali saranno gli effetti di questa decisione a tutela delle vittime.

 

LO STALKING NON È PIÙ AGGRAVANTE DELL’OMICIDIO/FEMMINICIDIO: “NON È COSÌ” 

Il 17 luglio, ovvero il giorno successivo alla pubblicazione della notizia da parte di varie testate, viene pubblicato sul Sussidiario.net un articolo in cui la dottoressa magistrale in giurisprudenza Francesca Florio spiega cosa ha stabilito davvero la Corte di Cassazione.

La dottoressa Florio afferma che la sentenza della Cassazione è stata mal interpretata dai giornali. Non è vero che lo stalking non è più un’aggravante del femminicidio o dell’omicidio.

Nel giudicare un delitto risalente al 2016, cosa ha deciso davvero la Cassazione con questa sentenza?

La dottoressa Francesca Florio spiega: “è stato semplicemente stabilito che i due reati non concorrono, che lo stalking viene assorbito dall’omicidio aggravato ed è logico“.

Cosa significa?

Significa che, in sostanza, non è assolutamente vero che il reato di stalking non è più aggravante dell’omicidio.

La Corte Suprema ha dovuto decidere se i due reati (omicidio aggravato dallo stalking e stalking) possono concorrere. Ha dovuto rispondere a questa domanda: è meglio contestare un reato aggravato o due reati separatamente? Il processo deve aprirsi per omicidio aggravato dallo stalking o anche per stalking?

La Cassazione ha optato per l’omicidio aggravato dallo stalking. Ecco perché.

 

LA CASSAZIONE HA OPTATO PER L’OMICIDIO AGGRAVATO DALLO STALKING

L’omicidio aggravato dallo stalking è un reato complesso che assorbe in sé il reato di atti persecutori. In tal modo, viene giustificata la pena dell’ergastolo. Al contrario, mediamente, in Italia la condanna per omicidio volontario è di 12 anni di reclusione. Paradossalmente, contestare un omicidio volontario insieme allo stalking significa condannare l’assassino ad una pena minore.

Non si vuole fare nessun passo indietro sulla difesa delle donne, anzi: l’imputato, con la recente sentenza della Cassazione, rischia una condanna all’ergastolo. “Così si punisce più gravemente, non meno” conclude la dottoressa Francesca Florio che fa divulgazione sui social di fattispecie giuridiche.

Questo meccanismo non vale se, in precedenza, il reo è stato condannato per stalking: “ciò non vuol dire che venga eliminato” però, spiega la Florio.

 

IL FATTO DEL 2016 GIUDICATO DALLA CASSAZIONE NON È UN CASO DI FEMMINICIDIO

Per come è stato inizialmente presentato, il fatto sembrava un vero e proprio passo indietro nella tutela delle vittime di violenza di genere. Sbagliato.

Tanto per cominciare, il fatto del 2016 giudicato dalla Cassazione non ha nulla a che vedere con il femminicidio: una donna ha ucciso una collega che perseguitava da tempo.

La vicenda riguarda l’omicidio di Anna Lucia Coviello, morta il 16 giugno 2016, a seguito di una caduta all’interno del parcheggio multipiano di Sperlonga. E’ stata una collega, Arianna Magistri, a far precipitare la donna da una rampa di scale. Nei 2 anni precedenti, Magistri ha perseguitato Coviello con minacce, molestie, ingiurie.

Il titolo bomba diffuso da diversi quotidiani si riferisce, quindi, all’assassinio del 2016 di una donna da parte di una collega di lavoro. Durante una colluttazione l’ha fatta precipitare da una rampa di scale. In passato, l’assassina ha perseguitato la vittima con atti di stalking. Il femminicidio pare proprio non entrarci nulla, è un omicidio.

Comunque sia, la decisione della Cassazione si applicherà sia nei casi di omicidio sia in quelli di femminicidio.

Anche se gli stalker sono principalmente uomini, i casi di stalking con donne che perseguitano uomini o altre donne non sono rari.

La sentenza non impatta negativamente sulla tutela delle vittime di omicidio o femminicidio. Il reato di stalking (art. 612-bis c.p.) non viene assolutamente toccato dalla sentenza.

 

LO STALKING NON È PIÙ AGGRAVANTE DELL’OMICIDIO: È FALSO, ALTRE DUE AVVOCATE CHIARISCONO L’EQUIVOCO

Al processo ci si aspettava che Arianna Magistri venisse condannata per entrambi i delitti, non solo per omicidio.

Che la sentenza della Cassazione sia diventata un grande equivoco lo spiegano anche l’avvocata Lorena Croatto (Milano) e l’avvocata Tiziana Di Chio (Roma) intervistate da Marieclaire.

L’avvocata Lorena Croatto spiega la questione prettamente tecnica per chiarire l’equivoco e spiegare cosa ha stabilito realmente la Corte Suprema.

Non è vero che la pena sia stata meno severa. E’ stato applicato il reato complesso (art. 84 c.p.), che racchiude in sé due diversi reati (omicidio e stalking). La Cassazione ha deciso di considerarli insieme. Molti pensano che se i due reati fossero stati valutati separatamente, la pena sarebbe stata maggiore. Non è così, non funziona così. Se fossero stati considerati separatamente si sarebbe applicato il reato più grave più un aumento di pena per il secondo reato. Con la decisione della Cassazione, la condanna non è stata meno severa, tanto che è stato deciso l’ergastolo“.

Ricordiamo che esiste uno specifico reato di omicidio aggravato dallo stalking disciplinato dall’art. 576, comma 1 n. 5.1 c.p..

La collega avvocata Tiziana Di Chio conferma:

La Cassazione ha applicato la norma di diritto. Il reato di omicidio ha assorbito in sé quello di stalking. Di conseguenza, l’omicidio è stato considerato aggravato in quanto preceduto dallo stalking che ha caratterizzato l’omicidio volontario. In questo caso, lo stalking assorbito nell’omicidio lo ha aggravato portando al verdetto di omicidio volontario. Gli atti persecutori hanno condotto alla morte della vittima ed è stata comminata la pena più grave“.

Dal riconoscimento dell’omicidio aggravato dalla stalking come reato complesso potrà essere applicata la pena dell’ergastolo, il massimo della pena (a meno che non vengano concesse attenuanti). Se, invece, fosse stato riconosciuto il concorso dei due reati, la condanna massima sarebbe risultata inferiore.

FRANCESCO CIANO

 

 

 

 

 

 

Francesco CIANO

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