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CARLA CAIAZZO: #IORIDOANCORA E CHIEDO L’INTRODUZIONE DELL’OMICIDIO D’IDENTITÀ
Due anni fa, precisamente la mattina dell’1 febbraio 2016 a Pozzuoli, un futuro papà bruciò viva la sua compagna incinta, la 38enne estetista Carla Caiazzo e la bimba che portava in grembo.
Si erano lasciati da 8 mesi ma lui l’aveva chiamata, una volta di più, per un ‘chiarimento’. Quando si erano incontrati, lui si mostrava tranquillo ma era solo un modo per tenderle la trappola che aveva in mente. L’uomo, di punto in bianco, l’ha cosparsa di benzina dandole fuoco davanti alla casa della vittima in via Vecchia delle Vigne. Soccorsa da un vicino di casa, fu trasportata all’ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli in gravissime condizioni (ustioni sul 45% del corpo, soprattutto viso, collo, seno e torace) e fu dichiarata in prognosi riservata. I medici riuscirono a farla partorire, prima di trasferirla al Centro grandi ustionati dell’ospedale Cardarelli. La piccola Giulia Pia, nata prematura (alla 34esima settimana), risultò stabile. Carla è stata in coma per 21 giorni. “Non so se ho visto la morte in faccia, ma le ho fatto inconsapevolmente visita” racconta lei.
Dopo averle dato fuoco, il compagno 40enne di Carla, Paolo Pietropaolo, in fuga a bordo della sua auto, ebbe un incidente: si schiantò contro un guard rail all’altezza del ponte del Garigliano (tra Campania e Lazio). Aveva precedenti per droga: fu trovato dai carabinieri di Formia in stato di shock. Confessò tutto agli agenti e fu arrestato immediatamente per tentato omicidio. Sull’accaduto indagarono la Procura di Napoli e quella di Cassino.
17 ottobre 2016 – Carla Caiazzo al processo con rito abbreviato
Il 17 ottobre 2016, durante il processo con rito abbreviato contro Paolo Pietropaolo, la difesa dell’imputato depositò una consulenza che parlava di una “scemata capacità di intendere e di volere” di Pietropaolo, al momento dell’accaduto. Carla, nell’interrogatorio del 31 marzo, raccontò: “Quando stavo rinvenendo lui mi disse ‘Ora vatti a divertire, vai’ con una risata perfida’, allora io gli ho detto ‘Che mi hai combinato, che mi hai combinato…”.
Il giorno del processo Carla Caiazzo dichiarò: “Voglio essere in aula, voglio essere il simbolo delle donne che resistono e non abbassano la testa, nonostante le violenze”.
1 novembre 2016 – La lettera di Carla Caiazzo a Sergio Mattarella
L’1 novembre 2016, Carla, sopravvissuta al femminicidio insieme alla sua bimba Giulia Pia, scrisse una lettera al capo dello Stato Sergio Mattarella per fare una richiesta del tutto particolare: “una nuova figura di reato che punisca severamente coloro che, nel loro intento delittuoso, colpiscono le donne e, soprattutto, le cancellano dalla società civile”. Carla, in quel preciso momento, stava chiedendo l’introduzione di ciò che, insieme al suo difensore, ha voluto denominare ‘omicidio di identità’. Si spiegò meglio: “Il mio aggressore, che ha attentato alla mia vita e a quella della mia bambina, ha voluto ed è riuscito a deturpare il mio volto. Mi ha ammazzato lasciandomi viva”.
Carla Caiazzo non riesce a ritrovare se stessa guardandosi allo specchio. Conclude così la lettera indirizzata a Sergio Mattarella: “Io ed altre donne come la povera Lucia Annibali siamo vittime di chi ha voluto cancellarci, distruggere, deturpare il nostro viso. Il viso che ci consente di riconoscerci e renderci riconoscibili alla società”. Ha lanciato il suo appello al capo dello Stato: “Non c’è più tempo. Occorre, da subito, trovare strumenti idonei per proteggerci. Il tuo ruolo e la tua sensibilità saranno determinanti. Con affetto. Carla Caiazzo”.
Ha parlato di omicidio d’identità anche a dicembre 2016 con il sindaco di Napoli De Magistris come pure di ordinamento penitenziario e della possibilità di istituire un fondo per le vittime di violenza di genere.
24 novembre 2016 – La condanna di Pietropaolo
Carla è una delle rare sopravvissute al femminicidio, una Superdonna. Il 24 novembre 2016 il suo coraggio vince sulla violenza del suo aggressore. Il suo legale, il penalista Maurizio Zuccaro, le annuncia la sentenza per SMS: il suo aggressore che le ha dato fuoco quel terribile giorno è stato condannato a 18 anni di carcere. Carla Caiazzo non riesce ad esprimere con un SMS l’enorme gioia che prova, oltre al sollievo. Fino a quel momento, la sua preoccupazione era quella che lui potesse tornare in libertà per farle del male. Quel momento, per lei, segna la fine di un incubo. Inizia una nuova vita: “Giustizia è fatta, ora sarò il punto di riferimento per tutte le donne che non hanno voce. Questa sentenza è la vittoria di tutte le donne. Devono convincersi che ci sono gli strumenti per bloccare gli uomini violenti”.
L’ultima frase che le disse Pietropaolo, prima di darle fuoco, fu: “Adesso voglio vedere se ridi ancora”. Dopo la sentenza, la risposta a quella frase di Carla fu l’Associazione che ha fondato: #ioridoancora. Carla non aveva mai denunciato Paolo seppure ne avesse paura. Oggi, dice alle donne che subiscono violenza e minacce di “non isolarsi, di rivolgersi alle forze dell’ordine o almeno informare familiari ed amici. Spesso, gli uomini aggressivi confidano proprio nella paura, nella soggezione psicologica delle donne. Non diamogliela vinta”.
I 3 obiettivi dell’Associazione #IoRidoAncora
Gli obiettivi della sua Associazione #IoRidoAncora sono tre:
- Aiutare le donne vittime di violenza a denunciare chi molesta, perseguita e compie violenze prima che sia troppo tardi;
- Non far sentire sole le donne, in balìa del ‘mostro’;
- Introdurre il reato di omicidio d’identità nel codice penale perché sfigurare una persona equivale ad uccidere.
Il 10/01/2017 è avvenuto l’incontro con la senatrice Laura Puppato, che porterà in Senato la proposta di legge di #IoRidoAncora sull’introduzione dell’omicidio di identità e sulla modifica dell’articolo 4 bis in tema di benefici penitenziari.
Il nuovo reato da introdurre nel codice penale: l’omicidio d’identità
Carla Caiazzo ha dovuto combattere un’altra battaglia: recuperare la salute ed il suo aspetto. E’ come se il suo aggressore le avesse tolto la sua identità, lei con il volto danneggiato dalle ustioni non si riconosceva più. Ha dovuto subire diversi interventi chirurgici sia per rimanere in vita sia per recuperare il suo volto bellissimo. Ce l’ha fatta, è bellissima e ride ancora seppure certe ‘cicatrici’ non andranno mai via. “Devo imparare ad accettarle” ha ammesso lei.
A distanza di 2 anni dalla lettera a Sergio Mattarella, Carla continua a proporre l’introduzione di un nuovo reato nel codice penale italiano: l’omicidio d’identità. Nel corso della tavola rotonda “Violenza sulle donne, cosa accade dopo?” organizzata nella sede del Sugc (Sindacato Giornalisti della Campania) dall’associazione Fp (Feminin Pluriel), Carla è tornata, più convinta che mai, a proporre il reato omicidio d’identità. Un reato che riguarda, innanzitutto, le donne vittime di violenza che perdono la loro identità a seguito di uno sfregio con acido, di un’ustione, di un’aggressione particolarmente violenta.
Fa venire i brividi il nome di questo reato: in fondo, la violenza di genere (tutta) è già, di per sé, un reato contro l’identità della vittima e lo è a 360 gradi, non soltanto per l’identità estetica, il ‘fuori’. Stalker, violentatori, uxoricidi puntano tutti ad annullare l’identità della vittima (intesa come anima e psiche) per soddisfare il loro desiderio di narcisistica prevaricazione. Sono vampiri di identità.
Ecco il link del sito ufficiale dell’Associazione #ioridoancora fondata da Carla Caiazzo
e la sua pagina ufficiale Facebook
https://www.facebook.com/ioridoancoradicarlacaiazzo/
Francesco Ciano