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CSM: LE NUOVE REGOLE A TUTELA DELLE DONNE VITTIME DI VIOLENZA DI GENERE
Già a luglio 2017, il CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) si era schierato fortemente contro due fenomeni in drammatica ascesa: femminicidio e violenza di genere. Quasi un anno fa, il 20 luglio 2017, la Settima Commissione del CSM ha approvato all’unanimità un monitoraggio triennale (dal 2017 al 2019) degli Uffici giudiziari italiani allo scopo di istituire sezioni specializzate e, soprattutto, per assicurare processi più efficaci e rapidi in difesa delle donne vittime di violenza. Obiettivo numero uno: verificare l’adeguatezza della struttura degli Uffici giudiziari all’emergenza femminicidio e violenza di genere. Al termine di questa analisi, la Settima Commissione avrebbe elaborato linee guida per favorire la tempestività dei processi garantendo qualità nella risposta giudiziaria alle vittime di violenza.
Bene, la chiusura dell’analisi si è conclusa prima del 2019, a dispetto di quanto previsto. Il Consiglio Superiore della Magistratura, lo scorso aprile, ha dettato nuove regole lavorando su un vademecum rivolto a giudici e polizia giudiziaria.
Il CSM accelera i tempi dopo la condanna della CEDU all’Italia
Probabilmente, il CSM ha preferito non aspettare il 2019 sia per la natura di emergenza del fenomeno femminicidio sia per la condanna della CEDU (Corte Europea dei diritti dell’Uomo) all’Italia a seguito della violazione dell’articolo 2 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Con la sentenza del 2 marzo 2017, la Corte Europea ha condannato l’Italia (per mancata tutela delle vittime di violenza di genere) a risarcire una donna moldava (Elisaveta Talpis) vittima di violenze domestiche. Nel 2013, la donna è stata aggredita dal marito che ha ucciso il figlio adottivo. Elisaveta aveva sporto diverse denunce a carico dell’uomo ma non è stata ascoltata. Le denunce sottovalutate rappresentano una delle concause dei numerosi femminicidi commessi ogni anno in Italia.
La Corte Europea ha così ‘ricordato’ alla giustizia italiana che lo Stato ha l’obbligo di proteggere le persone vulnerabili, anche le vittime di violenze domestiche, e di tutelarle da aggressioni alla propria vita e salute. Una contestazione incassata a testa bassa, che ha spinto il CSM ad ammettere che l’Italia “non può non farsi carico” di questo obbligo. E’ necessario “accorgersi” della lacuna sulle violenze domestiche.
La vicepresidente della Sesta Commissione del CSM aveva già evidenziato, un anno fa, che le leggi ci sono ma vengono applicate “poco e male”. La risposta giudiziaria a violenza di genere e femminicidio deve dimostrarsi tempestiva ed efficace anche a livello di tutela dei diritti della vittima. E’ altrettanto importante investire sulla prevenzione ed informazione e sulla formazione dei magistrati per evitare che le vittime siano lasciate sole dopo la denuncia.
Cosa stabilisce il vademecum del CSM
In base al vademecum su cui sta lavorando il Consiglio Superiore della Magistratura, chiunque (giudici, polizia giudiziaria) sia chiamato a trattare di reati contro le donne deve possedere una comprovata esperienza in questo ambito.
In particolare, le nuove regole del CSM stabiliscono che tutte le procure ed i tribunali italiani sono chiamati ad avere una sezione specifica, dedicata ai reati di violenza domestica, di genere, ai femminicidi, al fine di velocizzare i processi e gestire con ‘trattazione prioritaria’ questo tipo di reati.
L’intervento a favore delle vittime deve essere tempestivo, le denunce non devono essere sottovalutate: perciò, il CSM chiede una “trasmissione in tempo reale al PM delle notizie di reato che investono carattere di assoluta urgenza”.
Nelle aule dei tribunali, le donne vittime di violenza di genere non saranno più costrette a testimoniare davanti all’imputato. Potranno deporre dandogli le spalle oppure potranno ricorrere al sistema della videoconferenza o all’uso di paraventi. Tutto questo a tutela della serenità psichica delle donne vittime, esattamente come è previsto già per i pentiti di mafia o i testimoni di giustizia. In attesa della deposizione, la vittima va tenuta in una sala distante dall’aula di udienza per tutelarla dal rischio di ritorsioni o intimidazioni da parte dell’imputato.
Il personale giudiziario verrà istruito su come operare: ad esempio, andrebbero evitati “impropri interventi di mediazione” per far riconciliare una coppia nei casi in cui la donna è vittima della violenza del marito. Occorrerà anche stringere rapporti con servizi sociali, centri antiviolenza, presidi sanitari.
Elisabetta Casellati, presidente del Senato: “Non si parli di delitto d’amore”
Sono state molto significative le parole pronunciate il 12 aprile scorso dal presidente del Senato Elisabetta Casellati durante il convegno organizzato dal CSM.
“È fondamentale il sostegno delle vittime, garantire processi più rapidi”.
“Non si può parlare di assassinio per troppo amore. Qui non c’entra affatto. L’amore non uccide mai”.
“Questa deve essere una battaglia di carattere culturale, ma anche sociale e normativa”.
“Il punto di vista delle vittime va sempre tenuto in gran conto”.
“Garantire una celere definizione affinché non si ripetano mai più casi come quello tristemente noto di Torino, dove la lentezza della giustizia ha fatto sì che, dopo 16 anni, sia scattata la prescrizione per gli aguzzini di una ragazza che, all’epoca dei fatti, aveva 16 anni”.
Sull’innalzamento delle pene Elisabetta Casellati non ha preclusioni. Ha ricordato un detenuto che aveva ucciso la sua compagna: durante una visita in carcere, lui le ha chiesto “pene più severe” per i violenti come lui. Sì alle pene più elevate, quindi, ma senza trascurare la prevenzione e la battaglia più grande: quella culturale e sociale, oltre che normativa.
Vademecum CSM: un passo importante in attesa del 9 maggio
Il vademecum preparato dal CSM è un passo importante che consentirà alla parte lesa di essere trattata come una persona da tutelare e proteggere senza vittimizzarla una volta di più, a cominciare da domande fuori luogo da parte degli avvocati.
Viene, finalmente, prevista una corsia preferenziale per le indagini sulle violenze alle donne con magistrati specializzati e personale di polizia giudiziaria adeguatamente formato. Il vademecum avrebbe anche lo scopo di spiegare alle vittime, sui siti delle procure, in che modo ottenere tutela legale e protezione. Velocizzare i processi è di estrema urgenza: mediamente, durano 2 anni e mezzo quei processi che arrivano al dibattimento.
L’ultima parola spetterà al plenum di Palazzo dei marescialli nella seduta prevista per il 9 maggio prossimo.
Francesco Ciano