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FEMMINICIDIO: RISARCIMENTO NEGATO DALLO STATO AI 3 FIGLI DI MARIANNA MANDUCA
Il mese di marzo – che fa pensare ai fiori, alla primavera, alla bellezza e alla donna – è stato, paradossalmente, testimone di sentenze sconcertanti su alcuni casi di femminicidio. Sentenze scandalose, vergognose: ci hanno riportato alla mente l’anacronistico e innominabile ‘delitto d’onore’ che credevamo seppellito per sempre.
Pene dimezzate con giustificazioni tanto assurde quanto allarmanti di cui abbiamo già trattato, e non solo. Marzo si chiude con l’ennesima sentenza shock: la Corte d’Appello di Messina (e lo stesso Stato) annulla il risarcimento riconosciuto ai 3 figli minorenni di Marianna Manduca, uccisa dall’ex dopo 12 denunce inascoltate dai giudici condannati al risarcimento per negligenza nel 2017.
L’ok sul Codice Rosso della Camera slitta di una settimana per due punti di ‘scontro’: l’introduzione della castrazione chimica per chi violenta e il NO all’interno del Codice Rosso del reato di Revenge Porn (‘pornografia per vendetta’). La seduta è stata sospesa quando un gruppo di deputate di FI, guidate da Stefania Prestigiacomo, hanno tentato un assalto ai banchi del governo.
Siamo in attesa di una risposta chiara, urgente e concreta da parte del governo per il contrasto alla violenza di genere.
FEMMINICIDIO: “TROPPI STEREOTIPI TRA ALCUNI GIUDICI” SCRIVE PAOLA DI NICOLA
Prima di raccontare (anzi, ricordare) la triste storia di femminicidio di cui è stata vittima Marianna Manduca, apriamo e chiudiamo una parentesi importante. Una parentesi che racchiude il pensiero della magistrata Paola Di Nicola, autrice del libro “La mia parola contro la sua. Quando il pregiudizio è più importante del giudizio” pubblicato ad ottobre 2018. Un libro che risponde sia alle sentenze con pene dimezzate ai killer sia all’annullamento del risarcimento ai 3 orfani di Marianna Manduca.
“Si crede poco alle donne e, nei casi di femminicidio, prevale la parola del killer” ammette Paola Di Nicola. Il suo non è un semplice parere: è un’amara conclusione dopo aver studiato 200 sentenze.
Sul tema delle violenze sulle donne si rischia una regressione culturale e le ultime sentenze, purtroppo, non la sorprendono.
“Troppi stereotipi tra alcuni giudici: spesso, giustificano la gelosia dell’uomo che uccide”.
“Lo stereotipo che nasce in qualsiasi relazione umana è alla radice della violenza. La relazione che si stabilisce in un’aula giudiziaria non è diversa da quelle affettive, familiari…”.
Si tende a neutralizzare la donna e perpetuare la cultura di sudditanza e discriminazione di genere in ogni settore, anche in quello giuridico. I magistrati non sono immuni da questi pregiudizi.
Nelle aule, dove dovrebbe regnare verità e giustizia, regna lo stereotipo.
Scrive ancora Paola Di Nicola: “La spia dello stereotipo nel processo è la narrazione. Quella della vittima e dell’imputato sono sullo stesso piano: ‘la mia parola contro la tua’. La narrazione dell’imputato è plausibile, conforme ad una lettura antica dei rapporti di forza uomo-donna. Mentre la vittima è obbligata a dire la verità, l’imputato ha il diritto di mentire. Differenza enorme ma spesso dimenticata”.
NESSUN RISARCIMENTO AGLI ORFANI DI FEMMINICIDIO: UNA SENTENZA DELLO STATO
Dopo aver sporto denuncia 12 volte nei confronti dell’ex marito violento, Marianna Manduca, il 3 ottobre 2007, è stata uccisa a coltellate dallo stesso ex Saverio Nolfo condannato a 21 anni di carcere. L’ha uccisa perché non accettava l’affidamento alla ex moglie dei 3 figli.
A giugno 2017, i giudici di primo grado avevano riconosciuto la responsabilità civile dei magistrati rimasti inerti nonostante le 12 denunce di Marianna ed il risarcimento di 259mila euro ai tre figli minorenni della donna vittima di femminicidio.
Lo Stato, pur pagando il risarcimento, non ha accettato la decisione: se, da una parte, non si è rivalso sui due pm ’negligenti’, dall’altra ha contrastato e impugnato la sentenza.
Con la sentenza 198 della Corte d’Appello di Messina, depositata martedì 19 marzo, il risarcimento è stato annullato.
Qual è il messaggio? Il messaggio è che quel femminicidio non poteva essere evitato: “il marito l’avrebbe uccisa lo stesso”. Di conseguenza, denunciare i violenti è vano?
Sbagliato: è vano il lavoro di giudici che non sono in grado di difendere la nostra vita, che poi è il compito per cui occupano le loro sedie.
Come scriveva Marco Aurelio “Spesso, commette ingiustizia non solo chi fa qualcosa, ma anche chi non la fa”.
LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO È A FAVORE DEL DDL CODICE ROSSO?
Il risarcimento del danno di 259mila euro riconosciuto due anni fa dal Tribunale e pagato dallo Stato viene oggi negato e tolto anche grazie ad un’altra motivazione: il reato di stalking, all’epoca, non era ancora previsto dal codice penale. Un reato che avrebbe consentito, in teoria, l’applicazione della custodia cautelare in carcere. Secondo i giudici, il trattamento sanitario obbligatorio o il ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario non rappresentavano strade percorribili.
Di fatto, è lo Stato (formalmente la presidenza del Consiglio, che rappresenta ogni magistrato chiamato a giudizio) a chiedere indietro i soldi ai 3 orfani. Se la stessa presidenza del Consiglio continuasse a ‘resistere’ alle pretese degli orfani, disconoscerebbe il ddl sul Codice rosso presentato dallo stesso governo. Un disegno di legge che, se fosse stato in vigore all’epoca dei fatti, avrebbe salvato Marianna o, nel peggiore dei casi, avrebbe impedito l’assoluzione dei pm.
Gli avvocati che difendono i 3 ragazzi faranno ricorso. La domanda è: l’avvocatura dello Stato resisterà di nuovo? Quale sarà la risposta di Giuseppe Conte e del suo esecutivo composto dai due ministri (Giulia Bongiorno e Alfonso Bonafede) che hanno proposto la legge sul Codice Rosso? Spetta proprio a loro, oggi, decidere se togliere o meno il risarcimento ai 3 orfani di femminicidio.
La legge sulla responsabilità civile dei magistrati continua a fare acqua da tutte le parti: c’è la tendenza da parte dei giudici all’autoassoluzione peraltro ingiustificata se si pensa che, anche quando viene riconosciuta la colpa di un magistrato, non è lui che paga il risarcimento né la presidenza del Consiglio ma un’assicurazione. Un’assicurazione la cui polizza costa ogni anno circa 400 euro per ciascun pm.
LA REAZIONE DEL PADRE ADOTTIVO DEI 3 ORFANI E DEI LEGALI
Carmelo Calì, il cugino di Marianna Manduca che ha adottato i 3 figli, è stato condannato dalla Corte d’appello a restituire le somme già pagate dalla presidenza del Consiglio in esecuzione della sentenza di primo grado, oltre agli interessi legali maturati in due anni e mezzo.
Il padre adottivo dei 3 orfani ha dichiarato che non restituirà un bel niente e che dovranno passare sul suo cadavere.
I legali di Calì, gli avvocati Licia D’Amico e Alfredo Galasso, hanno annunciato il ricorso in Cassazione. Verrà richiesto il congelamento del pagamento del risarcimento: lo Stato potrebbe esigerlo subito in quanto la condanna è immediatamente esecutiva. I legali hanno, inoltre, chiesto al ministro della Giustizia e al presidente del Consiglio di intervenire in merito alle conseguenze inique che tale sentenza produce in danno delle vittime di femminicidio.
La sentenza 198 della Corte d’Appello di Messina finisce nell’occhio del ciclone e va a peggiorare una situazione già grave: il fondo destinato agli orfani di femminicidio ha subito una riduzione significativa con l’ultima legge di Bilancio.
1 Commento
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la domanda è questa : se una persona prima delle leggi sul reato di stalking riceveva minacce , non aveva alcun modo di tutelarsi ? se non c’era alcun modo allora il far west era per lo meno più “civile” di un paese “moderno” poiché non le istituzioni di giustizia penale erano poco mature , Italia è molto più incivile in quanto le ISTITUZIONI che rappresentano la giustizia si assolvono sempre da responsabilità dell’ordine pubblico in quanto ci sarà sempre un vuoto legislativo : con questa concezione i corrotti , assassini , spacciatori , violenti , mafiosi se la possono ridere perché con un bravo avvocato ci sarà sempre un angolo della realtà non regolato dalla legge .