
In questo articolo:
LJUBA LOMBARDI: CASO DI STALKING SEGUITO DA LE IENE, CONDANNA RIDICOLA
Ricordate la storia di Ljuba Lombardi, il suo video appello mandato in onda da Le Iene il 28 febbraio scorso?
Per chi non ha seguito il caso o non lo ricorda, lo ripercorriamo in questo articolo perché, pochi giorni fa, si è concluso con un finale assurdo.
La 37enne fiorentina aveva presentato 17 denunce per stalking ottenendo come risultato un bel niente dalla giustizia, neanche il divieto di avvicinamento per il suo stalker. Almeno, finché non sono intervenute Le Iene.
Nel video appello, il suo sguardo terrorizzato, il suo volto teso, la sua voce tremante provocavano nello spettatore un mix di reazioni molto diverse tra loro. Rabbia, innanzitutto, delusione e disperazione ma anche tanta voglia di uscire da quel tunnel di terrore. Non paura, terrore.
La donna vittima di stalking si appellava allo Stato, non poteva pensare che l’avesse abbandonata nella situazione di pericolo che stava vivendo.
Noi vogliamo credere nelle istituzioni, conosciamo il duro lavoro delle forze dell’ordine ma lo Stato deve trovare il modo di difendere le donne vittime di stalking e violenza con pene certe e più severe, molto più severe.
Basta femminicidi.
Ljuba Lombardi: quei tre pugni in faccia quando non poteva difendersi
Nei casi di persecuzione, minacce, rischio per l’incolumità di una vittima, nei casi di urgenza e pericolo come quello di Ljuba, la Polizia giudiziaria deve chiamare il magistrato ed adottare misure cautelari.
Questo prevede la legge, ma non succede sempre. Anzi, chiediamocelo: quante volte succede realmente?
Nel video appello, Ljuba Lombardi lanciava un messaggio forte: “Liberatemi dal mio persecutore”.
Aveva appena concluso di leggere a voce alta i messaggi volgari, arroganti, violenti e minacciosi di un uomo che lei aveva deciso di lasciare.
L’ha presa a pugni quando non poteva difendersi perché, in quel periodo, lei doveva stare 10 giorni a letto e poteva muoversi soltanto con le stampelle. Stava affrontando le ultime operazioni di ricostruzione di una gamba dopo aver subito un grave incidente.
“Mi ha colpito con tre pugni in faccia. Ero sanguinante, col volto tumefatto, in stampelle. Non mi ha neanche riaccompagnato a Firenze. E’ stato suo fratello a farlo. Per me era finita”.
Il suo ex è stato capace di negare di averla picchiata quando la Iena Nina Palmieri gli ha chiesto: “Che uomo sei?”. Silenzio ostinato, nient’altro che questo. Viltà allo stato puro.
Lo stalking subito da Ljuba Lombardi
Non accettando la fine della relazione (un classico per gli stalker), l’ex compagno l’ha perseguitata innescando contro di lei uno stalking serrato che non le ha dato tregua. Ha cambiato radicalmente la vita della donna: la sua, quella delle figlie e di sua madre.
Ecco tutto quello che è stato capace di fare contro di lei.
Le ha inviato 12 mila messaggi in un anno (30 al giorno, in media) pieni di insulti, minacce, volgarità scatenata da una gelosia morbosa, malata, maniacale, ossessiva, insana, folle, decisamente violenta.
Gli insulti, dal 2016, non rappresentano più un reato ma un illecito civile (punibile solo con sanzioni pecuniarie). Il punto è che il persecutore non si è fermato a questo.
Lo stalking è reato, un delitto, specie se aggravato da minacce pesanti e reale pericolo di morte. A questo aggiungiamo i danni psicologici che Ljuba ha subito insieme alle sue figlie nell’arco di due anni.
Ma c’è dell’altro…
Chi è il suo stalker
Vincenzo Di Lillo, il persecutore di Ljuba, ha precedenti per lo stesso reato di stalking ai danni di un’altra sua ex. E’ un fanatico di body building e arti marziali. Ljuba Lombardi l’ha conosciuto nel 2014 via Facebook, condivideva con lui la passione per le arti marziali.
Nel 2016, durante una lite, l’ha colpita in faccia sferrandole tre pugni. Da quel preciso momento, lei non ha voluto più saperne: quell’atto di violenza ha convinto Ljuba a mettere la parola fine a quella storia. Lui non ha gradito ed ha, così, deciso di diventare il suo incubo.
Due anni di incubo finché, a febbraio 2018, il suo comportamento non è peggiorato. Ha una collezione di armi in casa e l’ha avvertita: “L’unico modo per farmi smettere è la morte”.
Le ha perfino hackerato il cellulare. Non le è servito a nulla bloccare il numero dell’uomo: dietro i nomi di ogni chiamata che riceveva sul display poteva celarsi lui. Lo stalker poteva controllare i nomi della rubrica, tutte le volte che la chiamava per tormentarla. Per fare questo, ha sfruttato un sistema illegale statunitense.
Si appostava regolarmente sotto casa sua. Lei aveva paura per sé ed era terrorizzata all’idea che potesse fare del male a sua madre, alle sue due figlie (di 13 e 5 anni) finite anche loro nel mirino dello stalker (soprattutto la maggiore). Ha reso anche la vita delle figlie un inferno: hanno ricevuto telefonate e messaggi ad ogni ora della notte per due maledetti anni.
Lo stalker doveva essere colto in flagranza di reato
Ljuba Lombardi ha presentato ai carabinieri 17 denunce per stalking con 4 cd allegati contenenti gli ultimi 2700 messaggi ricevuti. Si è appellata alla giustizia ma niente è cambiato dopo quelle denunce.
Denunce, prove depositate in Tribunale, quello stato di ansia e terrore fin troppo evidente negli occhi di Ljuba ma lo stalker doveva essere colto in flagranza di reato per poter intervenire. In parole povere, aspettavano che qualcosa di tragico avvenisse prima di muoversi. Cosa? Un altro femminicidio?
Dal video appello del 28 febbraio mandato in onda da Le Iene, il grido di aiuto della vittima di stalking feroce continuava a restare inascoltato. Nessuna misura cautelativa, neanche il divieto di avvicinamento previsto per legge contro lo stalking. Un divieto confermato dalla Corte di Cassazione con sentenza 5664/2015 che stabilisce: “Quando si procede per il reato di atti persecutori, allo ‘stalker’ può essere vietata ogni forma di contatto con la persona offesa: avvicinare fisicamente, scrivere, parlare, inviare sms, rivolgere lo sguardo alla vittima”.
Una condanna ridicola per uno stalker spietato
Dopo l’intervento de Le Iene, la magistratura ha iniziato a muoversi sul serio. La Polizia ha sequestrato materiale informatico e telefonico allo stalker, sono partite le indagini su di lui con decisione dell’obbligo di non avvicinarsi e non contattare la donna.
L’incubo vissuto da Ljuba sembrava fosse finito perché il persecutore, da quel momento, non ha avuto più modo di contattarla.
Pochi giorni fa, una notizia pessima che le ha tolto di nuovo il sorriso: il suo persecutore è stato condannato a soli 4 mesi. Il minimo della pena. Come hanno riferito le stesse Iene, questa condanna lascia l’amaro in bocca non solo per lei ma nei confronti di tutte le donne.
Stalking e percosse sono stati riconosciuti ma Vincenzo Di Lillo ha scelto di patteggiare e gli sono state concesse anche le attenuanti generiche. E, così, la sua pena si riduce a soli 4 mesi.
Per il reato di stalking, lo sappiamo tutti, sono previsti da 6 mesi a 4 anni di carcere.
Carcere? Di Lillo non andrà in carcere per la sospensione condizionale della pena. Sono anche decaduti il divieto di avvicinarsi e contattare Ljuba che non ha diritto ad alcun risarcimento e che dovrà avviare il lungo iter della causa civile.
Francesco Ciano