29-4 PIANO STRATEGICO NAZIONALE NON RINNOVATO

29-4 PIANO STRATEGICO NAZIONALE NON RINNOVATO
29 Aprile 2021 Francesco Ciano
PIANO STRATEGICO NAZIONALE NON RINNOVATO

PIANO STRATEGICO NAZIONALE NON RINNOVATO IN TEMPI DI PANDEMIA OMBRA

Il Piano Strategico Nazionale sulla violenza maschile contro le donne è scaduto a dicembre 2020. A 4 mesi dalla scadenza, non è stato ancora rinnovato né è stato redatto alcun documento che lo sostituisca. A dire il vero, la preparazione di un nuovo testo non sembra essere una delle priorità del Governo Draghi.

Un ritardo che contrasta gravemente con la Pandemia Ombra, la pandemia nella pandemia, l’emergenza nell’emergenza che con il lockdown per il Covid-19 ha, di fatto, aumentato i casi di violenza domestica. Un ritardo che porterà serie conseguenze per i centri antiviolenza e le case rifugio. In alcune Regioni italiane, queste strutture attendono i fondi da oltre un anno e, intanto, la situazione peggiora. Aumentano le richieste di aiuto da parte di donne maltrattate e vittime di violenza a causa dell’emergenza Covid-19 e della convivenza forzata con i loro aguzzini.

In Italia, ogni 3 giorni una donna viene uccisa dal partner o ex. Il fenomeno del femminicidio è allarmante ed è quantomeno inaccettabile che un Piano nato per dare risposte alla violenza di genere sia scaduto e non si pensi né a preparare un nuovo testo né a rinnovarlo. La politica italiana condanna l’uscita dalla Convenzione di Istanbul della Turchia, si punta il dito su Erdogan ma cosa si fa in Italia per aderire concretamente alla Convenzione ratificata nel 2013? Che si tratti di dittatura o totale indifferenza politica, il risultato (pessimo e inaccettabile) non cambia.

 

COME NASCE IL PIANO STRATEGICO NAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

Il Piano Strategico Nazionale si basa proprio sulle linee guida disposte dalla Convenzione di Istanbul istituita dal Consiglio d’Europa per la prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica.

Per la prima volta, un documento ha stabilito politiche transnazionali comuni per contrastare la violenza di genere fondate sulle cosiddette 3P (prevenzione, protezione e perseguimento dei crimini contro le donne).

Il precedente Piano Nazionale contro la violenza di genere e lo stalking è stato sostituito, in Italia, dal Piano d’azione straordinario 2015-2017 a contrasto dei femminicidi dopo la firma della Convenzione di Istanbul.

 

PIANO STRATEGICO NAZIONALE: PROMESSE E RISULTATI

Il Piano 2017-2020 contava di raggiungere “cambiamento strutturali e di lungo termine” nel contrasto della violenza di genere, con particolare riferimento ai femminicidi. I femminicidi, nell’ultimo anno, sono aumentati. La rivoluzione non c’è stata, anzi l’applicazione del Piano va decisamente a rilento. Quest’anno non è stato neanche rinnovato.

Riguardo al programma del 2019, l’ex sottosegretario di Stato con delega alle pari opportunità Vincenzo Spadafora ha annunciato un ‘allegato operativo’ che avrebbe dovuto garantire l’applicazione del Piano con fondi “al bisogno” di 132 milioni di euro. Si tratta di un testo mai reso pubblico dal Ministero (secondo la denuncia di ActionAid) e che non ha affatto inciso sull’attuazione delle politiche previste.

Secondo il rapporto “Tra retorica e realtà” di ActionAid, delle 102 azioni previste dal Piano operativo soltanto 60 sono state attuate.

Il Report di ActionAid denuncia qualcosa di più grave: il Piano non è chiaro, non c’è trasparenza riguardo alla destinazione dei fondi previsti. Mancano informazioni chiare sull’attuazione del Piano, non sono state pubblicate dal Dipartimento delle Pari Opportunità. Chi ha la responsabilità nell’erogazione dei fondi?

Quali sono gli strumenti di coordinamento e controllo?

Non è chiaro.

Senza contare che le risorse vengono utilizzate per ricompensare le amministrazioni delle iniziative precedenti.

Nel 2021, è tempo di rendersi conto che nel nostro Paese interi articoli della Convenzione non sono mai stati considerati né applicati nei piani antiviolenza.

 

L’INDAGINE DI ACTIONAID: TRA RITARDI ED EMERGENZA

Nel 2019, ActionAid ha cercato di comprendere la situazione in termini di erogazione dei fondi destinati ai centri antiviolenza.

La procedura non è solo complessa, ma registra ritardi pazzeschi.

Parte dei fondi proviene dallo Stato ma la grossa fetta è gestita dalle Regioni: ogni Regione italiana attua procedure diverse, con grandi differenze tra loro.

A fine 2020, le Regioni (ad esclusione di Emilia-Romagna, Friuli Venezia-Giulia, Marche e Molise) non avevano ancora terminato di erogare i fondi previsti nel biennio 2015-2016.

A seguito del grave aumento di casi di violenza domestica dovuto al lockdown, l’ultimo decreto del 2 aprile 2020 per accelerare i tempi di attuazione non ha ancora dato risultati. Soltanto le Regioni Abruzzo, Friuli Venezia-Giulia, Lombardia, Molise e Veneto hanno sbloccato i fondi.

Il risultato è che i centri antiviolenza si trovano sempre più in difficoltà per i ritardi nell’erogazione dei fondi e per la necessaria riorganizzazione delle strutture per l’emergenza sanitaria. Ciò ha comportato, nel migliore dei casi, la riduzione del personale e, nel peggiore dei casi, la sospensione dei servizi come per il centro Catia Doriana Bellini di Perugia che rischia la chiusura.

In sintesi, a distanza di 10 anni dal primo piano antiviolenza, la situazione non è migliorata, piuttosto si è aggravata: burocrazia complessa, lentezza nell’assegnazione delle risorse, fondi inesistenti destinati all’indipendenza per le donne, assoluta mancanza di investimento nella prevenzione sono la realtà. A questo si aggiunge l’attuale mancanza di un piano rinnovato che potrebbe peggiorare una situazione già drammatica.

 

PIANO STRATEGICO NAZIONALE NON RINNOVATO: PANDEMIA OMBRA NELLA PANDEMIA COVID

Tra marzo e ottobre 2020, le chiamate al 1522 numero verde nazionale antiviolenza e antistalking sono aumentate del 71,7% rispetto allo stesso periodo del 2019, passando da 13.424 a 23.071. Questa è solo la punta dell’iceberg considerando che molte donne vittime di violenza, in convivenza forzata tra le mura domestiche con il loro aguzzino a causa del lockdown, hanno avuto difficoltà a denunciare o a chiedere aiuto.

L’aumento del fenomeno della violenza domestica in tempi di Covid è stato definito “Pandemia Ombra” dalle Nazioni Unite e un’indagine pubblicata da CEPOL a luglio 2020 ha studiato l’impatto del fenomeno. Lockdown e perdita di indipendenza economica hanno pesantemente contribuito ad aggravare il fenomeno.

Il 26 marzo 2020, la Commissione Parlamentare di inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere ha approvato il documento contenente misure per rispondere alle problematiche delle vittime di violenza, dei centri antiviolenza e case rifugio, nonché degli sportelli antiviolenza in tempi di Covid-19. Ha richiesto al Governo e al Parlamento di disporre misure per migliorare le procedure di sostegno ed accoglienza e misure socio-economiche aggiuntive. In piena emergenza sanitaria, l’azione dei centri antiviolenza e case rifugio non si è mai fermata, nonostante tutto. Hanno continuato ad operare, principalmente da remoto, e dando la propria disponibilità in particolari casi.

Nonostante l’aumento delle richieste di aiuto al 1522, soltanto il 14,2% delle vittime chiamanti ha denunciato, altre hanno prima denunciato e poi ritirato la denuncia per paura visto che il lockdown ha favorito l’isolamento delle donne vittime di violenza domestica.

La Pandemia Ombra nella Pandemia Covid ha messo in luce una realtà importante: la violenza (soprattutto quella domestica) si nutre dell’isolamento delle vittime.

FRANCESCO CIANO

Francesco CIANO

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