SEPARAZIONE E STALKING: IN CHE MODO LA LEGGE TUTELA LA VITTIMA E I FIGLI

SEPARAZIONE E STALKING: IN CHE MODO LA LEGGE TUTELA LA VITTIMA E I FIGLI
21 Maggio 2019 Francesco Ciano

Separazione e stalking:

in che modo la legge tutela la vittima e i figli

Il connubio Separazione e Stalking è quello più classico. Riguarda la maggioranza dei casi di atti persecutori nei confronti di ex perlopiù da parte di uomini che non accettano la fine di una relazione.

Dopo una separazione che mette fine ad una convivenza o ad un matrimonio, succede fin troppo spesso che un ex, assolutamente e patologicamente contrario alla fine del rapporto, diventi il suo stalker. E’ questa la situazione più frequente che scatena i casi più gravi e violenti di stalking, tristi protagonisti della cronaca quotidiana.

Lo stalker, che non è un semplice molestatore, innesca una serie di comportamenti ossessivi e persecutori con l’illusione di poter ‘recuperare’ il legame perduto tentando di riconquistare con la forza l’ex.

Chi perseguita il coniuge dopo la separazione compie il reato di stalking?

La risposta è fin troppo ovvia ma, in questo focus, vogliamo approfondire la questione.

Scopri tutto quello che c’è da sapere e in che modo la legge tutela la vittima di stalking nei casi di separazione.

 

Separazione e stalking:

atti persecutori compiuti dopo la fine della relazione

In fase di separazione o dopo la separazione, lo stalker vuole riprendere il controllo e il possesso dell’ex partner perseguitandola, minacciandola, molestandola al punto tale da cagionare nella vittima un grave stato di ansia e paura fino a ingenerare in lei un fondato timore per la propria incolumità o per quella di un prossimo congiunto o persona legata alla vittima da relazione affettiva, spingendola a cambiare abitudini di vita (art. 612 bis del c.p.).

Il grave stato di ansia e stress può arrivare a provocare nella vittima depressione o problemi di natura psicologica. Il comportamento persecutorio deve essere reiterato nel tempo (in caso di percosse, basta una sola vicenda). Secondo la sentenza 14 marzo 2019 n. 11450 della Corte di Cassazione, sezione III penale, il reato di stalking è da ritenersi integrato anche in presenza di due sole condotte di lesioni, minacce e molestie, consumate in un breve arco temporale, se causano alla vittima un perdurante stato di ansia.

Ossessionato dall’intenzione di ‘recuperarla’, lo stalker segue la sua vittima ovunque, a qualsiasi ora, facendosi trovare nei luoghi da lei frequentati. Le telefona insistentemente, invia messaggi di continuo, interferisce con il suo lavoro. Nei casi più gravi, passa all’ingiuria, alla diffamazione, minaccia di morte (“Se non torni con me ti ammazzo”), aggressione, percosse fino all’omicidio della vittima.

Un uomo che, dopo la separazione, perseguita, pedina, minaccia e molesta la sua ex commette il reato di stalking: la Corte di Cassazione , quinta sezione penale, lo chiarisce nella sentenza n. 5499/2019.

 

Separazione e stalking:

quando le vittime sono anche i figli

Il caso si complica ancora di più quando lo stalker ha figli con la vittima.

Può capitare che li usi per ossessionarla ulteriormente o che minacci anche loro. Può arrivare a minacciare di toglierli all’altro coniuge, di rapirli o peggio ancora.

Il reato di stalking commesso in casi del genere può rivelarsi più grave, pericoloso e molto più invasivo, soprattutto se coinvolge anche i figli. Ci chiediamo: quante donne, per paura di coinvolgere i figli, decidono di non denunciare un marito violento per salvaguardarli dalla sua imprevedibile aggressività?

Davanti a questa imprevedibilità sanno bene che è difficile, per una donna, difendersi, reagire e scongiurare il peggio solo con gli strumenti giuridici.

 

Stalking, maltrattamenti e violenza:

cosa cambia con il Codice Rosso

Visto che siamo in tema di separazione e stalking, chiariamo un punto importante: lo stalking compiuto dal coniuge legalmente separato o divorziato o da un ex è un’aggravante, non un’attenuante. Difatti, la pena in questo caso è aumentata. Nel caso in cui la vittima sia una donna in stato di gravidanza, una persona con disabilità, un minore oppure se la persecuzione è aggravata dall’uso di armi, la pena aumenta fino alla metà.

Il 3 aprile scorso, la Camera ha dato il primo via libera al ddl sul Codice Rosso il cui testo (che passerà in Senato) si riferisce ai seguenti reati: maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale, stalking (atti persecutori), atti sessuali con minori, corruzione di minorenne, lesioni personali aggravate da legami familiari.

Per questi reati le indagini saranno veloci (la persona offesa sarà sentita entro 3 giorni dal pubblico ministero) al fine di rafforzare le tutele processuali delle vittime.

 

Codice Rosso: pene inasprite

Le pene per i maltrattamenti in famiglia salgono a 3-7 anni, mentre per lo stalking da 1 a 6 anni e 6 mesi.

Saranno prolungate le misure cautelari per proteggere il più possibile la vittima (inclusa la sorveglianza speciale, quando prevista).

In caso di omicidio, verrà applicato l’ergastolo indipendentemente dal fatto che l’imputato conviveva, aveva solo una relazione con la vittima o se il rapporto, nel frattempo, era terminato.

Vengono inasprite anche le pene per le violenze sessuali che salgono a 6-12 anni. Non è raro che uno stalker il quale non accetta la separazione commetta anche il reato di violenza sessuale contro la sua ex.

Il Codice Rosso prevede anche una maggior comunicazione tra gli uffici dei Tribunali in caso di divorzi, separazioni o procedimenti su minori. In fase di divorzio, separazione o cause relative all’affidamento di minori (o responsabilità genitoriale), è previsto l’obbligo senza ritardo di comunicare al giudice civile gli atti dei procedimenti penali in corso (violenza, abuso, misura cautelare) in quanto potrebbero essere rilevanti. Sarà obbligatorio anche comunicare la scarcerazione dell’aggressore o il termine della misura cautelare alla vittima di maltrattamenti in famiglia, violenza di genere o su minore ed al suo legale.

 

Separazione e stalking: reato di sfregio e Revenge Porn

Un uomo che rifiuta in modo patologico la fine di una relazione è capace di tutto, anche di sfregiare la sua ex con l’acido o di compiere quello che oggi è, a tutti gli effetti, un reato a sé stante: il Revenge Porn (la ‘porno vendetta’ online, specie attraverso i social) disciplinato dall’art. 583-quinquies del Codice Penale.

Riguardo al Revenge Porn il concetto è semplice: se immagini o video di natura sessuale vengono divulgate senza il consenso della persona rappresentata si commette reato. Chi diffonde materiale intimo o sessualmente esplicito per vendicarsi dell’ex rischia da 1 a 6 anni di reclusione e sanzioni fino a 15 mila euro. La pena aumenta se i fatti sono compiuti dal coniuge (anche divorziato o separato), ex, amante o persona legata alla vittima da relazione affettiva, attraverso l’utilizzo di strumenti informatici o telematici per distruggere la vittima. Generalmente, il reato di Revenge Porn è punito a querela della vittima (da presentare entro 6 mesi) ma, in casi più gravi (donna incinta, disabile, ecc.), si può procedere d’ufficio.

Il reato di sfregio del viso o deformazione permanente del volto sarà punito con la reclusione da 8 a 14 anni): con l’ergastolo se la vittima viene uccisa.

 

Stalking e maltrattamenti in famiglia: linee di confine

Vessazioni, violenza, minacce, condotte aggressive, persecuzioni e insulti al partner dopo la cessazione della convivenza configurano il reato di stalking aggravato, non di maltrattamenti in famiglia. La conferma arriva dalla sentenza n. 35673/2017 della Corte di Cassazione, sesta sezione penale.

Il reato contro la famiglia (ex art. 572 c.p.) si riferisce a comportamenti vessatori e violenti: tutela l’interesse di persone facenti parte del nucleo familiare, la loro incolumità psicofisica. Si tratta di un reato proprio che può essere commesso soltanto da chi riveste un ruolo nel contesto della famiglia, mentre il reato di stalking può essere commesso da chiunque e non presuppone relazioni soggettive specifiche.

 

Separazione e stalking:

quali comportamenti costituiscono reato

Nel corso degli anni, attraverso diverse sentenze emesse da Tribunali o dalla Corte di Cassazione penale, in caso di separazione commette reato di stalking non solo chi perseguita l’ex ma anche chi scatena determinati comportamenti contro la vittima. Quali sono? Vediamoli nei dettagli.

 

Pedinare l’ex coniuge

E’ reato di stalking pedinare l’ex coniuge –  La sentenza n. 8362/2017 della Cassazione penale sez. V stabilisce che “Le minacce e le vessazioni subite dalla persona offesa, con continui pedinamenti, appostamenti nei pressi del luogo di lavoro e le reiterate minacce di morte, fonti di continuo stato d’ansia e di timore per l’incolumità propria e dei familiari, configurano lo stalking, non è necessario, anche il mutamento delle abitudini di vita”.

 

Offendere l’ex moglie

Anche offendere l’ex moglie è stalking –  La sentenza n. 166/2016 del Tribunale di Aosta conferma l’orientamento della Corte di Cassazione espresso nella sentenza n. 21407/2016 che stabilisce quanto segue: “Lo stalking si configura a prescindere dal fatto che le singole condotte possano o meno essere perseguite autonomamente come reato, l’importante è che esse siano di insistenza e ripetitività tale da creare nella vittima uno stato di timore o di paura e vengano percepite come atti persecutori“.

In sostanza, anche l’offesa è penalmente rilevante se accompagnata dalle tipiche condotte dello stalker.

Nell’ambito dello stalking familiare, il genitore che denigra l’altro genitore in presenza dei figli perde il diritto all’affidamento congiunto. Seppure il coniuge non arrivi a minacce o molestie fisiche, può considerarsi mobbing (o stalking) coniugale l’atteggiamento di uno dei partner che denigri ripetutamente l’altro partner con continui attacchi, accuse e imposizioni, che lo offenda di fronte ad altre persone (inclusi amici e conoscenti), lo provochi, rifiuti il dialogo o mostri totale disinteresse nei confronti del coniuge o convivente. Questo comportamento illecito è maggiormente condannabile quando coinvolge figli minorenni. La sentenza n. 5847 dell’8 marzo 2013 emessa dalla Corte Costituzionale ha sancito il principio (convalidato anche dalla Corte di Cassazione) in base a cui il genitore che scredita l’altro perde il diritto all’affidamento congiunto dei figli.

 

Violenza psicologica

In caso di aggressioni di natura psicologica nei confronti di una donna costretta per questo ad abbandonare il tetto coniugale, la separazione va addebitata al coniuge autore di minacce, ingiurie, violenze.

L’ha stabilito la sentenza n. 4669/2015 del Tribunale di Milano. In simili situazioni di intollerabilità, il coniuge vittima di violenza psicologica ha diritto di chiedere la separazione.

 

Perseguitare l’ex con la ‘scusa’ dei figli

Telefonate o assillanti messaggi (SMS o via social network), appostamenti, pedinamenti, minacce, ingiurie, danneggiamenti, aggressioni fisiche, ausilio di un detective per spiare la moglie o l’ex, installazione di un dispositivo di localizzazione satellitare GPS nell’auto dell’ex per seguirla: tutto questo concorre al reato di stalking familiare.

Non è reo di stalking il padre che, per mantenere un rapporto con il figlio, si presenta a scuola, gli telefona o lo ferma per strada. C’è da dire, però, che chi assilla e perseguita l’ex partner si macchia del reato di stalking se la ‘scusa’ dei continui contatti dovesse essere lo stato di salute o i problemi del figlio. In tal caso, lo stalker va, comunque, condannato senza attenuanti. Lo stabilisce la quinta sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 49216 del 26 ottobre 2017.

 

Separazione e stalking: come difendersi

Per difendersi, la vittima può presentare querela oppure può fare un esposto al Questore affinché questi ammonisca oralmente lo stalker. Se, dopo l’ammonimento del Questore, il soggetto continua a perseguitare la vittima, si procederà d’ufficio con pena aggravata di almeno un terzo.

Se il Questore rigetta l’istanza di ammonimento deve darne motivazione (Consiglio di Stato sez. III, 15/02/2019, n.1085).

In caso di condotte tali da prevedere la reiterazione, il soggetto può essere diffidato.

Può scattare anche una misura cautelare coercitiva: il divieto di avvicinamento a determinati luoghi o l’obbligo di mantenere una certa distanza dai luoghi frequentati dalla vittima, dalla vittima stessa, dai suoi prossimi congiunti, familiari, persone legate alla vittima da relazione affettiva.

E’ stata estesa al reato di stalking l’intercettazione telefonica o di altre forme di comunicazione e, se il soggetto indagato viene ritenuto socialmente pericoloso, può essere sottoposto a sorveglianza speciale (Codice antimafia).

Come abbiamo già spiegato, il Codice Rosso prevede una maggior comunicazione tra gli uffici dei Tribunali in caso di divorzi, separazioni o procedimenti su minori. In fase di divorzio o separazione, è previsto l’obbligo senza ritardo di comunicare al giudice civile gli atti dei procedimenti penali in corso (violenza, abuso, misura cautelare) perché potrebbero essere rilevanti.

Francesco Ciano

1 Commento

  1. Sam 1 anno fa

    buonasera, denuncia e misura cauutelare totale nei confronti dei figli… nel frattempo mi viene dato affido condiviso..faccio ricorso in corte d’appello.. vengo condannata a pagare le spese legali e confermato affido condiviso.. nel frattempo lui viene condannato in tribunale penale .. vede i bambini in luogo protetto.. ricomincia a usare l’unico canale mantenuto in piedi sbandierando l’affido condiviso… per perseguitarmi accusandomi di ogni cosa quotidianamente oltre a diffamarmi continuamente e pubblicamente sui social addirittura sul gruppo del paesino dove viviamo. Ora in attesa di CTU e io non posso limitare i contatti o potrei sembrare madre ostativa. Il codice rosso non funziona ancora.

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