
STALKING: QUANDO SI RISCHIA IL CARCERE? COSA CAMBIA CON LA RIFORMA DEL PROCESSO PENALE
Lo scorso 23 settembre, la riforma del processo penale è diventata legge. Tra pene alternative, improcedibilità, criteri di priorità, indagini preliminari e riduzione della durata media dei processi penali, la riforma non ha trascurato la violenza di genere. Le leggi di riferimento non mancano ma il Codice Rosso non basta. Come fermare la furia di stalker e uomini maltrattanti che violano di continuo le misure cautelari? In tema di stalking, quando si rischia il carcere?
La riforma del processo penale approvata dal Parlamento ha esteso la portata delle norme introdotte con la legge sul Codice Rosso al tentato omicidio e, più in generale, ai delitti commessi in forma tentata.
Nei casi di maltrattamento e stalking, per chi viola il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima c’è l’arresto obbligatorio in flagranza.
Prima della riforma, chi violava il divieto il più delle volte restava libero, almeno la prima volta: libero anche e, soprattutto, di tornare a perseguitare.
Andiamo oltre la violazione del divieto di avvicinamento. In caso di stalking, quando si rischia il carcere?
In questo articolo:
STALKING: QUANDO SI RISCHIA IL CARCERE, PENE PREVISTE
C’è ancora chi confonde il molestatore con lo stalker.
Il molestatore disturba. Lo stalker turba.
Il molestatore è invadente, lo stalker non si arrende ai rifiuti della vittima, perseguita e minaccia fino a provocare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia e paura, un fondato timore per la propria incolumità e quella dei suoi cari fino a cambiare le proprie abitudini di vita per evitare il suo aguzzino. La condotta persecutoria è costante, ripetuta nel tempo.
Lo stalking è un reato penale (art. 612-bis c.p., atti persecutori) che viene punito con la reclusione da un anno a 6 anni e 6 mesi. La pena detentiva aumenta se la vittima è il coniuge (anche divorziato o separato), un ex, una donna in stato di gravidanza, un minore di 18 anni, un disabile. Anche la presenza di un’arma o il fatto di nascondere la propria identità (come nel caso del cyberstalking) sono aggravanti.
L’unico modo per difendersi ed uscire dall’incubo è denunciare. La vittima ha tempo 6 mesi dall’ultimo atto persecutorio per sporgere querela. La denuncia è procedibile d’ufficio (ovvero chiunque può denunciare il reato) solo se la vittima è un minore o una persona disabile.
Il giudice potrebbe disporre per lo stalker il divieto di avvicinamento all’abitazione della vittima o a determinati luoghi da lei frequentati.
Oggi, con la riforma del processo penale, se lo stalker viola il divieto di avvicinamento e viene colto in flagrante viene arrestato e portato in carcere direttamente ed obbligatoriamente. In precedenza, come stabilito dal Codice Rosso, chi violava il divieto ‘rischiava’ la reclusione da 6 mesi a 3 anni ma non scattava automaticamente l’arresto in flagrante.
LA VOLONTÀ DELLA VITTIMA DI RIPRENDERE LA RELAZIONE CON LO STALKER NON ESCLUDE IL CARCERE
Chi denuncia il suo stalker e, in seguito, decide di rimettere la querela e riprendere la relazione con il suo persecutore non gli risparmia la misura cautelare in carcere. La misura viene ugualmente ritenuta necessaria considerando l’indole violenta, possessiva e l’incapacità di frenare i propri impulsi dell’indagato.
Lo stabilisce la sentenza n. 36307/2019 della Cassazione.
CARCERE PREVISTO ANCHE PER I CYBERSTALKER
I ‘leoni da tastiera’ confondono sempre più spesso la libertà del web con una garanzia di impunità. Niente di più sbagliato.
La condotta persecutoria online, attraverso post pubblici sui social network (Facebook, WhatsApp, ecc.), è un reato grave. Si chiama cyberstalking e viene punito al pari dello stalking, può costare il carcere oltre all’obbligo del risarcimento dei danni. Lo ha sancito la Corte di Cassazione – Sezione V penale con la sentenza del 6 novembre 2019 n. 45141.
Due anni fa, l’autore di un lungo periodo di persecuzione via social (7 anni) è stato condannato a 10 mesi di reclusione (neanche il minimo edittale previsto dalla legge) ed al pagamento di 5.000 euro.
STALKING: QUANDO SI FINISCE ‘DAVVERO’ DIETRO LE SBARRE?
Con la riforma del processo penale, oggi per lo stalker che viola il divieto di avvicinamento c’è l’arresto obbligatorio in flagranza. Perfetto: stalker preso ed arrestato. E poi cosa succede? Quanti stalker scontano davvero la pena detentiva ‘piena’?
In Italia, non mancano istituti giuridici che consentono di sfuggire al carcere, soprattutto se l’autore del reato di stalking è incensurato. L’ordinamento giuridico del nostro Paese prevede vari modi per evitare di finire in carcere se non si hanno alle spalle precedenti penali.
Facciamo qualche esempio.
In caso di pena inferiore ai 2 anni, si prevede la sospensione condizionale della pena stessa subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero dei soggetti condannati.
Per pene fino a 4 anni di reclusione esistono misure alternative al carcere come l’affidamento in prova ai servizi sociali. In mancanza di aggravanti, il giudice può concedere le cosiddette attenuanti generiche con sconto della pena di un terzo rispetto alla pena stabilita. Si arriva allo sconto di pena di un terzo anche con il rito premiale (patteggiamento o giudizio abbreviato).
Guardando in faccia la realtà, i giudici raramente condannano uno stalker con la reclusione a 6 anni e 6 mesi: tendono ad avvicinarsi al minimo previsto dalla legge ovvero ad un anno.
In pratica, si va in carcere per stalking in caso di condotta gravissima, se lo stalker ha precedenti penali, se il giudice non accorda attenuanti o se il pm non accetta il patteggiamento.
IL DIRITTO DELLA VITTIMA DI STALKING DI ESSERE INFORMATA
La vittima di stalking corre seri pericoli. Ha diritto di essere tutelata attraverso misure cautelari (ordine di allontanamento, divieto di avvicinamento o di comunicazione, sorveglianza speciale dello stalker) che limitano la libertà dell’aguzzino fino al suo arresto (trasferimento in carcere o arresti domiciliari).
La vittima ha il diritto di essere informata dalle autorità su eventuali misure cautelari adottate nei confronti dello stalker o del maltrattante. Può chiedere di essere avvisata (scrivendolo nella denuncia o nella querela) quando l’imputato esce dal carcere o dal luogo di detenzione oppure se evade dal carcere. Deve sapere se lo stalker è libero o limitato nei suoi movimenti.
Se le misure cautelari sono state revocate, può presentare al giudice un atto scritto entro 2 giorni nel caso in cui volesse opporsi alla revoca.