
STALKING SUL LUOGO DI LAVORO: CHI PERSEGUITA UNA COLLEGA PUÒ ESSERE LICENZIATO PER GIUSTA CAUSA?
Lo stalking non è una semplice molestia, è un reato penale (art. 612-bis c.p.). Si manifesta in svariati modi: pedinamento, continue chiamate e messaggi, appostamenti, minacce, danneggiamenti alla proprietà della vittima, ecc. Causa nella persona offesa un forte e perdurante stato di ansia, il timore per la propria o altrui incolumità, la costringe a cambiare abitudini di vita.
E’ un crimine a prescindere dal luogo in cui si verificano i fatti e dall’autore del reato (ex partner, conoscente, familiare, perfetto sconosciuto, collega di lavoro). La vita della vittima può diventare un inferno e, nel peggiore dei casi, può sfociare in femminicidio.
In tema di stalking sul luogo di lavoro si è espressa, di recente, una sentenza della Corte d’Appello di Milano (sentenza n. 840/2021).
La questione di cui trattiamo in questo focus è: lo stalker che perseguita una collega può essere licenziato per giusta causa?
In questo articolo:
STALKING SUL LUOGO DI LAVORO A COLLEGA È GIUSTA CAUSA DI LICENZIAMENTO?
In tema di stalking sul posto di lavoro si è espressa la Corte d’Appello di Milano. Il caso è riferito ad un uomo (un commissario di Polizia Locale) che utilizzava le telecamere di videosorveglianza installata nel posto di lavoro allo scopo di perseguitare una sua collega di cui si era invaghito.
Oltre a costituire un reato penale a sé stante, lo stalking sul luogo di lavoro è giusta causa di licenziamento per la legge italiana?
Gli atti persecutori che avvengono sul luogo di lavoro possono (anzi, devono) essere denunciati alle Forze dell’Ordine come qualsiasi altro reato. Se si verifica sul posto di lavoro, lo stalker non è punibile soltanto con la pena prevista dall’art. 612-bis ma rischia un’altra conseguenza: il licenziamento in tronco per giusta causa.
In base alla sentenza n. 840/2021 della Corte d’Appello di Milano, il dipendente stalker che usa la videosorveglianza installata sul luogo di lavoro per perseguitare la collega va licenziato in tronco anche in assenza di precedenti sanzioni disciplinari. La gravità del reato va ad intaccare la credibilità professionale, quindi subentra la giusta causa di licenziamento.
Lo stalker (il commissario di Polizia Locale) è stato licenziato per giusta causa dal Comune per aver usato le telecamere di videosorveglianza per scopi privati e illeciti. Controllava la collega che non provava alcun interesse per lui e che, alla fine, l’ha denunciato per stalking. Le condotte dello stalker risultano ancora più gravi in quanto compiute da un pubblico ufficiale: minano la sua credibilità professionale. Merita il licenziamento in tronco anche per aver causato un danno al Comune aggravato dal rilievo mediatico di tutta la vicenda.
Questa sentenza della Corte d’Appello di Milano non fa che confermare la precedente sentenza n. 1890/2020 della Corte di Cassazione.
GIUSTA CAUSA DI LICENZIAMENTO ANCHE PER STALKING AL DI FUORI DEL LUOGO DI LAVORO
La sentenza n. 1890/2020 della Corte di Cassazione-Sez. Lavoro ha ritenuto giusto licenziare per giusta causa un dipendente stalker anche se gli atti persecutori sono avvenuti al di fuori dell’ambito lavorativo quando la vittima è un suo collega e la condotta persecutoria talmente grave da ledere il vincolo di fiducia tra le parti.
Il caso in questione si riferiva ad un dipendente di Trenitalia che, non rassegnandosi alla fine della relazione con una collega, aveva iniziato a perseguitarla con molestie e minacce, azioni diffamatorie. La sua condotta, alla fine, era sfociata in un invio assillante di messaggi minacciosi, foto e filmini erotici al marito della collega. Ha addirittura affisso nelle stazioni e nei bagni di luoghi pubblici il numero di telefono della vittima con l’invito a contattarla per prestazioni sessuali.
Tutto ciò che ha dovuto subire per diversi anni ha causato nella donna un malessere psicofisico, il timore per la propria incolumità e quella del marito, tanto da cambiare abitudini e da considerare intollerabile continuare a lavorare nello stesso ambiente del suo persecutore.
Il ferroviere è stato condannato in sede penale per stalking e Trenitalia l’ha licenziato in tronco. La grave condotta persecutoria, seppure avvenuta in parte al di fuori dell’orario lavorativo, aveva ormai compromesso il vincolo di fiducia tra azienda e dipendente.
La Corte di Cassazione ha condiviso e confermato la scelta dell’azienda: anche lo stalking al di fuori del luogo e degli orari di lavoro può essere giusta causa di licenziamento quando la vittima è un collega e la condotta talmente grave da intaccare irreparabilmente il vincolo fiduciario tra le parti.
Non bisogna dimenticare che il datore di lavoro ha l’obbligo di adottare misure per tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei dipendenti (art. 2087 c.c.). E’ responsabile e custode della salute dei propri dipendenti, è tenuto a vigilare e fare tutto ciò che è in suo potere per tutelare l’integrità psicofisica dei suoi collaboratori e dipendenti. Ha anche il dovere di sanzionare ed allontanare dipendenti colpevoli di atti lesivi della salute e dignità degli altri colleghi.
DDL AL SENATO PER UNA NUOVA NORMATIVA CONTRO MOLESTIE E VIOLENZE SUL LAVORO
Il 20 settembre scorso è stato presentato al Senato il Ddl n. 2358 a firma della senatrice Donatella Conzatti. Propone di riformare profondamente la materia del contrasto alle molestie e violenze sul lavoro soprattutto con intento persecutorio con l’introduzione di una serie di disposizioni innovative. Il disegno di legge S. 2358 si presenta quale attuazione della Convenzione OIL n. 190/2018.
Quante persone denunciano molestie e violenze sui luoghi di lavoro?
Quante di quelle che denunciano ottengono giustizia?
I dati emersi sono sconcertanti: il direttore dell’ILO (International Labour Organization) dott. Gianni Rosas riferisce che solo l’1% degli episodi violenti o molesti sul lavoro viene denunciato. Non solo: la magistratura del lavoro dà torto a 7 presunte vittime su 10 che denunciano. Viene rigettato il 69% di denunce, solo il 12% viene accolto nei tribunali italiani. Negli ambienti di lavoro molesti si alza il muro di gomma dell’omertà.
LE NUOVE MISURE PROPOSTE DAL DDL S. 2358 CONZATTI
Il disegno di legge S. 2358 Conzatti si concentra su 4 punti:
– Onere della prova alleggerito in favore delle vittime con la possibilità di dimostrare molestie e violenze subite tramite semplici indizi, circostanze precise e concordanti;
– Protezione dei testimoni e informatori da ritorsioni e rappresaglie dei datori di lavoro prevedendo la presunzione di nullità di tutti gli atti e provvedimenti che vanno a modificare la loro situazione lavorativa (provvedimenti disciplinari, licenziamenti, trasferimenti, demansionamento, ecc.);
– Definizione omnicomprensiva di violenza e di molestie, che comprende tutte le possibili forme di conflittualità lavorativa (mobbing, work stalking, straining, molestie, singole violenze, molestie sessuali);
– Risarcimento in chiave anche punitiva. Una volta accertata una condotta violenta o molesta, il Giudice del Lavoro dovrà applicare ad ogni soggetto responsabile una sanzione civile da un minimo di 20mila euro ad un massimo di 200mila, raddoppiati (da 40mila a 400mila) nel caso in cui derivasse un’invalidità lavorativa permanente.
Il disegno di legge non trascura, di certo, l’aspetto della prevenzione per anticipare la tutela nei luoghi di lavoro attraverso non solo le classiche misure di informazione e formazione, vigilanza e protezione da parte di soggetti preposti alla sicurezza (datore di lavoro, CUG, responsabile della sicurezza aziendale, Direzione Regionale Inail, medico competente, RSA) ma soprattutto misure atipiche tramite la Contrattazione Collettiva Nazionale.
Viene prevista anche la possibilità di dimissioni per giusta causa in favore di lavoratori sfibrati da anni di molestie e violenze lavorative: l’indennizzo è compreso tra 6 e 36 mensilità della retribuzione complessiva.