VIOLENZA DI GENERE: GLI UOMINI ‘MALTRATTANTI’ SONO IRRECUPERABILI O NO?

VIOLENZA DI GENERE: GLI UOMINI ‘MALTRATTANTI’ SONO IRRECUPERABILI O NO?
7 Agosto 2018 Francesco Ciano

VIOLENZA DI GENERE: GLI UOMINI ‘MALTRATTANTI’ SONO IRRECUPERABILI O NO?

 

La violenza di genere è inarrestabile nonostante la sensibilizzazione globale. Le lacune legislative, il bisogno di un inasprimento delle pene per chi perseguita, violenta e uccide, la paura di essere giudicate o di dover subire ritorsioni spingono, ancora oggi, molte donne a non denunciare, a sopportare rischiando il peggio. Ciò che frena è anche il limite dei 6 mesi per presentare querela.

L’interesse generale si concentra giustamente sul soggetto debole, la donna vittima di soprusi, percosse, ricatti, violenze fisiche e psicologiche, minacce di morte fino all’epilogo estremo (il femminicidio).

C’è chi, però, individua nell’aggressore un’altra vittima: la vittima di se stesso.

Il cosiddetto ‘uomo maltrattante’ merita di essere studiato, ascoltato e supportato per capire le dinamiche di coppia, ma soprattutto per tentare di curare e di prevenire episodi di violenza sulle donne.

 

CAM: la strategia diversa per frenare la violenza di genere

Un gesto, un tentativo di studiare la psicologia del carnefice?

No, è preferibile parlare di una strategia ‘educativa’ finalizzata a frenare l’ennesima violenza sulle donne intervenendo sugli uomini pubblicamente condannati per tentare di capire perché arrivano a ‘quel’ punto.

Per impedire la violenza di genere, bisogna bussare alla porta del violento. Il problema della violenza è dell’uomo, non della donna (salvo rare eccezioni).

Il primo CAM (Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti) è stato fondato a Firenze nel 2009 e, da allora, ne sono stati creati altri. Oggi, in Italia i centri che accolgono ed ascoltano uomini violenti sono 44, da Bolzano a Cagliari, e questo lascia intendere che il bisogno di capire gli uomini violenti è una forma strategica crescente, un servizio di assistenza voluto per prevenire e contrastare la violenza di genere. Nel 2010, è nato un centro di ascolto per uomini maltrattanti anche all’interno della Casa Internazionale delle Donne, denominato Il Cortile, che non pretende di ‘rieducarli’ ma di ascoltarli per analizzarne le storie anche all’interno di Rebibbia e Regina Coeli.

Tutti, all’inizio, dicono di essere innocenti e ci credono anche. Alcuni, ad un certo punto, capiscono che essere violenti non è soltanto illecito ma ‘non virile’; altri, dopo il carcere, suggeriscono addirittura programmi per non ricadere nell’errore.

L’obiettivo di questi centri è sradicare dalla mente del singolo (come sarebbe giusto fare nella memoria collettiva o culturale) l’idea stessa di violenza di genere, un tunnel da cui bisogna assolutamente uscire.

 

Perché un uomo violento dovrebbe rivolgersi al CAM?

Per prevenire e contrastare la violenza di genere, il Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti ha un obiettivo preciso: incoraggiare gli uomini a riflettere sul proprio comportamento nel rapporto con la partner ed eventuali figli e spingerli a migliorare.

Ovviamente, chi si rivolge a questi centri sente già dentro di sé il bisogno di cambiare, l’intenzione di assumersi le proprie responsabilità e, quindi, di riconoscere che si tratta di un maltrattamento fisico o psicologico, economico, sessuale o di persecuzione (stalking).

Il centro offre percorsi di orientamento, la possibilità di partecipare a gruppi mettendo a disposizione dei ‘maltrattanti’ uno staff di psicologi, psicoterapeuti, psichiatri ed educatori.

Indubbiamente, non si rivolge al CAM lo psicopatico, il ‘caso patologico’, ma chi ha paura di perdere una relazione affettiva a causa del suo comportamento, il diritto di vedere i figli, di trasformare il bene per la propria famiglia in male, di lasciarsi vincere da un tipo di rabbia che nasconde insicurezza, confusione, debolezza.

 

La crisi d’identità maschile responsabile della violenza di genere

Il primo CAM italiano (nato a Firenze) è stato creato nel 2009: è partner del Progetto Europeo ENGAGE ed è co-finanziato dalla Commissione Europea 2018-2019. I primi centri di questo tipo sono nati oltreoceano ed in Europa negli anni ’70-’80 (come Emerge o Evolve).

In Italia, negli ultimi 7-8 anni, qualcosa è cambiato: sempre più uomini (di età compresa fra i 35 ed i 50 anni) si chiedono perché si comportano in maniera violenta nei confronti della partner e si rivolgono spontaneamente ai CAM.

Nella psicologia maschile resta radicata l’idea che è sempre la donna a provocare, ‘se la cerca’, non obbedisce, dice NO. Quel NO minaccia il ruolo dominante dell’uomo. Il suo potere, la sua autorità inizia a traballare: percepisce un senso di ‘morte’ o di aggressione fisica.

L’uomo si sente messo da parte, tradito dalla donna che sa esprimere necessità e desideri; a quel punto, nella mente dell’uomo colto da una sorta di crisi d’identità, lei non è più una persona, ma si trasforma in un oggetto da colpire.

Nei CAM, gli uomini maltrattanti tendono a far tornare la compagna nel classico ruolo passivo di sempre. Quando capiscono che non è possibile, o provano a cambiare se stessi o cercano un’altra donna. Può succedere, però, che l’uomo maltrattante ascoltato dallo psicologo del CAM impari a gestire il suo impulso, la rabbia.

 

 

 

Violenti si nasce o si diventa?

La psicanalisi risponde: si diventa.

La violenza si apprende e si emula da bambini osservando il padre violento. I bambini che assistono alla violenza del padre contro la madre se, da una parte, difendono la vittima, dall’altra, potrebbero in futuro emulare il padre. Nella loro mente, afferrano questo concetto: la violenza viene accettata ed è virile.

È importante assistere questi bambini, rimuovere lo shock che hanno subito ed intervenire per evitare che emulino il padre violento o che le bambine siano spinte a scegliere un partner molto simile al padre violento subendo, a loro volta, le stesse azioni subite dalla madre.

Certo, è più facile assistere i bambini ed aiutare la loro giovane mente a liberarsi dello shock piuttosto che sperare di cambiare un adulto.

Come la mettiamo con gli uomini maltrattanti che non riconoscono il loro comportamento violento, non hanno nessuna intenzione di cambiare né di rivolgersi ad un CAM e che, per di più, sono narcisisti manipolatori?

 

Un narcisista manipolatore può essere rieducato?

A questa domanda ha risposto, nel mese di giugno, la nota criminologa Roberta Bruzzone impegnata da vent’anni sul fronte della violenza di genere, che inizialmente veniva chiamato ‘delitto passionale’.

Dimenticate gli uomini maltrattanti di buona volontà, qui si entra nel mondo ‘patologico’.

La criminologa ha dato una risposta secca, decisa, inequivocabile:

Un narcisista manipolatore non potrà mai essere rieducato. Tanto più un soggetto è patologico, tanto più la sua struttura è rigida. Non cambia. Diffidate”.

Secondo il parere di Roberta Bruzzone, bisogna diffidare del narcisista che non solo uccide ma vuole distruggere fisicamente (con l’acido) l’identità della donna che gli sfugge. Se lo perdonate rischiate la morte. Non fatevi soggiogare, imbambolare dalle chiacchiere e dai tentativi di manipolarvi, non mostratevi deboli né ricattabili.

Un soggetto patologico (stalker, violentatore, femminicida), cresciuto oltretutto con modelli sbagliati, non cambia. Secondo la criminologa serve una linea dura nei confronti di questi soggetti irrecuperabili, una linea durissima. Molti autori di femminicidio agiscono lucidamente, freddamente, secondo ‘natura’. Altri sono killer seriali.

Leggi adeguate ed una giustizia più dura possono frenare la voglia di chi pensa di commettere l’ennesimo femminicidio credendo di cavarsela con una condanna ridicola.

Tremila donne uccise, dal 2000 in poi: non si parla più di emergenza, ma di dato strutturale, realtà di fatto.

La criminologa parla anche di “modelli beceri” trasmessi dalle famiglie italiane. “I maschi sono cresciuti nell’accondiscendenza materna”.

Il vero obiettivo – spiega la Bruzzone – è aiutare le donne a captare le situazioni di pericolo, ad agire e difendersi, prima che sia troppo tardi. Non si può fare un identikit dell’uomo violento. Chiunque può risultare pericoloso. Il più delle volte, si tratta di incensurati, insospettabili, persone assolutamente normali e apparentemente affidabili, ma i campanelli di allarme ci sono sempre, bisogna stare in guardia”.

 

Francesco Ciano

 

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